Musulmana praticante, vive a Milano e studia relazioni internazionali alla Statale. «Religione e terrorismo? Meglio sdrammatizzare» «Io, Bridget Jones del Medioriente» Presentato «Oggi forse non ammazzo nessuno», il nuovo romanzo della scrittrice di

«Sono stanca dei dibattiti pseudointellettuali sul velo. Preferisco affrontare il tema in modo più lieve»

Musulmana praticante, vive a Milano e studia relazioni internazionali alla Statale. «Religione e terrorismo? Meglio sdrammatizzare» «Io, Bridget Jones del Medioriente» Presentato «Oggi forse non ammazzo nessuno», il nuovo romanzo della scrittrice di

Già a 15 anni aveva le idee chiare: si armò di mouse e computer, scrisse un breve racconto sui ragazzi palestinesi nei territori occupati e lo inviò a un concorso letterario. Guarda caso il suo scritto fu notato da un editore che le propose di scrivere un libro. La ragazza si mise all’opera e partorì un saggio fulminante dall’esito più che glorioso: tradotto in 16 lingue, 20mila copie vendute solo in Italia. Roba da far sobbalzare d’invidia scrittori ben più affermati. Il libro («Sognando Palestina», Fabbri Editore), suscitò polemiche in Francia, dove ci furono proteste da chi lo considerò troppo discriminatorio. («Questo libro non è uno strumento per l’odio e non c’è neanche una riga di antisemitismo», dichiarò all’epoca l’autrice).
Randa Ghazy è una bella ragazza figlia di egiziani immigrati in Italia una ventina di anni fa. È musulmana praticante anche se non porta il velo («Nessuna donna lo indossa nella mia famiglia»), è diplomata al liceo classico, studia Relazioni internazionali alla Statale di Milano. Al Festivaletteratura di Mantova che ha chiuso ieri i battenti, ha presentato il suo libro «Oggi forse non ammazzo nessuno. Storie minime di una giovane musulmana stranamente non terrorista» (Fabbri).
L’Herald Tribune lo ha definito una sorta di «Bridget Jones mediorientale». Concorda?
«Abbastanza. Anche se trovo sbagliato sovrapporre gli stereotipi occidentali a culture diverse. Detto questo il genere assomiglia. Anche se ho cercato, attraverso il sarcasmo e l’ironia, di non nascondere alcuni temi di fondo seri come la crisi di identità e il senso di inadeguatezza che provano molti immigrati».
Ci racconta un episodio del libro?
«Quando il ragazzo italiano di Jasmine, la protagonista, la rimorchia in giardino… e di come lei si immagina i suoi genitori con la mitraglietta in mano…».
Umorismo per sdrammatizzare.
«Non ne potevo più di tutta quella tiritera pseudo intellettuale sulla questione “velo sì o velo no”. Sentivo la necessità di affrontare il tema in modo più lieve. Ci sono tematiche ben più urgenti da affrontare».
Tipo?
«L’Islam è compatibile con la democrazia, la moderazione e la modernità, ma le politiche, la cultura e la mentalità di molti Paesi musulmani andrebbero riformati, a partire dalla Sharia».
Vale a dire?
«La Sharia, alla lettera, “la via da seguire”, prevede pene corporali in caso di reato. Oggi non ha più senso. Se qualcuno infrange la legge può essere sanzionato, ma con metodi civili».
Cosa vuole fare terminati gli studi?
«La giornalista e occuparmi di politica estera. E continuare a fare la scrittrice».
Lei vive alle porte di Milano. È una città capace di integrare?
«Da un lato è tollerante, dall'altro è un po’ troppo distaccata. Non c’è un vero interesse nei confronti delle culture diverse».


Anche tra i giovani della sua età?
«Molti non hanno percepito la trasformazione sociale e non si interrogano più di tanto. Danno tutto per scontato, a cominciare dalla scuole sempre più miste. Ma non voglio generalizzare».

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