"Un Natale tra degrado e crisi". E i pescatori ne fanno le spese

Il mercato di Porta Nolana affronta la crisi con orgoglio e speranza per il futuro

"Un Natale tra degrado e crisi". E i pescatori ne fanno le spese

Le gocce di pioggia cadono con forza bagnando tutto. Scendono dal cielo con inesorabile forza. Colano lungo le antiche pietre di Porta Nolana, a Napoli. La gente si accalca sotto il possente arco per non bagnarsi. I robusti torrioni ricordano che questo luogo un tempo era una delle porte di accesso dell’antica Napoli. Oggi è a due passi dalla stazione dei treni di Porta Garibaldi.

L’architettura militare ormai ricopre il ruolo di potente quinta teatrale dietro la quale appare di colpo il mercato del pesce di Porta Nolana. Uno dei più famosi di Napoli, qui soprattutto sotto Natale le persone vengono a comprare il pesce per le tradizionali ricette natalizie.

Il mercato ricorda quelli mediterranei, si tratta di un autentico presepe vivente immerso in un territorio molto complesso.

Qui la forza e le problematiche dei quartieri popolari convivono con le dinamiche globali della mobilità di massa tipiche di tutte le stazioni dei treni delle grandi metropoli.

Il mercato si snoda lungo una stretta via su cui si affacciano decine di tende sotto cui appaiono pesci e conchiglie di ogni sorta. In questo periodo le anguille ed il baccalà sono i protagonisti dell’antico mercato.

Da sempre le persone vengono qui da tutta Napoli per acquistare il pesce, anche se negli ultimi tre anni la crisi si è fatta sentire. La gente non ha smesso di comprare, ma ha ridotto le quantità.

Le persone, raccontano i proprietari dei banchi, “hanno meno soldi ed economizzano pur non volendo rinunciare alla qualità che questo luogo garantisce”. Questo, aggiungono, “perché si rendono conto che qui la qualità è superiore a quella della grande distribuzione o dei prodotti congelati”.

Oltre la crisi, vi è anche un problema di degrado, alcune delle persone che lavorano al mercato denunciano che nel quartiere esiste un problema legato allo spaccio e piccoli furti. Negli anni, “sostengono abbiamo perso dei clienti per colpa del degrado che si è creato in tutta la zona vicino alla stazione Garibaldi”. Molti sperano che grazie ai lavori di rifacimento della piazza davanti alla stazione la situazione possa finalmente migliorare.

Oltre ai prodotti ittici, qui i protagonisti sono i volti dei lavoratori del mercato e dei proprietari dei banchi. Volti fieri, con occhi antichi. Gente consapevole di essere interprete di una storia millenaria, quella degli antichi mercati mediterranei. Luoghi sopravvissuti ai supermercati, ai centri commerciali e alla nuova epoca del commercio online, grazie alla loro storia unica. Non è stata una sopravvivenza facile, Porta Nolana ancora non ha l’afflusso di turisti che merita. Questo storico luogo dovrebbe guardare a Palermo che ha saputo fare dei mercati di Ballarò e del Capo luoghi conosciuti in tutto il mondo e allo stesso tempo ancora autentici. Mercati considerati come portatori di una cultura da tutelare, quella del commercio e della cucina mediterranea.

Napoli ancora non è riuscita in questa politica, non ha saputo creare una narrativa legata ai suoi mercati. Solo quello di Montesanto sta pian piano intraprendendo questa strada.

Eppure nell’epoca della globalizzazione, in cui si rischia di divenire tutti uguali o di chiudersi in casa ordinando cibo da una applicazione, mentre si guarda la televisione, i pochi mercati storici dovrebbero essere tutelati dalle istituzioni. Perché preservarli significa preservare la nostra storia.

Non si può lasciare questa eroica lotta ai soli lavoratori del mercato e ai proprietari dei banchi, dovrebbe essere una battaglia comune. Il mercato potrebbe diventare il centro di una filiera del cibo sostenibile, oltre che un luogo di resistenza culturale. Non per chiudersi in se stessi, perché i mercati sono sempre stati meticci e innovativi, basti pensare alla Via della Seta con i suoi commercianti che viaggiavano migliaia di chilometri. Non si tratta di combattere le nuove tecnologie, che anzi potrebbero aiutare i mercati, oppure di osteggiare la grande distribuzione, ma di rinnovare l’idea che un piccolo commerciante possa essere ancora imprenditore di se stesso e non diventare per forza il commesso di una multinazionale. Oppure pensare che si potrà anche in futuro ogni tanto immergersi nel rumore di una strada piena di vita, invece che farsi sempre portare il cibo a casa. Ecco perché è fondamentale ascoltare l’invito dei tanti pescivendoli di Porta Nolana che invitano le persone a passare al mercato perché “scopriranno tanta umanità e soprattutto troveranno quel che cercano”.

La pioggia cade sui tendoni, la gente sciama lungo la via guardando il pesce o

scegliendo le conchiglie da cucinare durante le feste. Come in un presepe vivente, ognuno cammina verso il proprio futuro. Un futuro complesso in cui le storie di questo mercato meritano di rinnovarsi come hanno fatto per secoli.

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