Il Cav visionario: così ha creato nuove città

Brugherio, Milano 2, Milano 3: l'epopea del Cavaliere costruttore di città. E inventore di un nuovo modo di vivere il tessuto urbano

Il Cav visionario: così ha creato nuove città

Del Silvio Berlusconi politico si è scritto di tutto, tanto da far passare apparentemente in secondo piano la storia del Cavaliere costruttore di un nuovo modello edilizio e fautore di "nuove città" attorno a Milano, e non solo. Il giovane Berlusconi, tra la metà degli Anni Sessanta e la fine degli Anni Settanta, si costruì però una visibilità e un nome di livello nazionali per l'attività intensa nel campo dell'edilizia, cuore pulsante dell'impero industriale costruito dall'ex Presidente del Consiglio e estesosi gradualmente ai media. A cui, peraltro, Berlusconi deve lo stesso titolo che lo ha reso il "Cavaliere" per antonomasia e che gli fu concesso nel 1977 dal Presidente delal Repubblica Sergio Leone per l'impresa della costruzione di Milano 2.

Milano 2, la città-modello targata Berlusconi

Il 1977 è un anno fatidico per la storia personale di Berlusconi. Quell'anno iniziò un nuovo capitolo de Il Giornale, con l'ingresso al 12% del capitale sociale di Berlusconi, due anni dopo diventato azionista di riferimento della testata diretta da Indro Montanelli. Si preparava, nel frattempo, la svolta che avrebbe portato TeleMilano a diventare Mediaset due anni dopo che Berlusconi l'aveva rilevata, nel 1976. Ma soprattutto Milano 2 attraeva visitatori, clienti per le sue costruzioni e studiosi di architettura da tutto il mondo: Berlusconi aveva con la sua Edilnord plasmato un nuovo modello di città satellite, e questo leggendo in anticipo i trend dell'abitare in opposizione ai canoni classici dell'edilizia di quei tempi.

Milano 2
Veduta di Milano 2 (Ansa)

Prima che si parlasse di smart cities, sviluppo sostenibile e servizi di prossimità dell'abitare con il progetto Milano 2 Berlusconi e l'Edilnord concepirono un nuovo tipo di città capace di andare incontro ai cittadini e di portare inclusività tra utenti del mondo immobiliare e servizi forniti dal contesto abitativo. Milano 2 portò alla conversione di un'ampia fetta di territorio agricolo risultante sotto il controllo del comune di Segrate a spazi abitativi a partire dal 1970 rifiutando tutti i modelli edilizi dominanti allora. Non quello dell'edilizia popolare, spesso controllata dalla lottizzazione partitica, ma nemmeno quello della pura speculazione immobiliare da "Sacco di Palermo" o da film come "Le Mani sulla Città" furono il riferimento di Berlusconi. Il quale con Milano 2 offrì alla borghesia imprenditoriale, discreta e pragmatica del capoluogo lombardo il suo nuovo spazio d'elezione: una città giardino con servizi di prossimità.

Milano 2 nacque anticipando una tendenza che da metà Anni Ottanta avrebbe preso piede in Italia e Europa. Se per decenni, negli anni rampanti del boom economico e dell'industrializzazione, i perimetri delle città maggiori d'Italia erano stati presi d'assalto e la stratificazione sociale tra i quartieri delle metropoli aveva portato la popolazione a concentrarsi nei centri di queste città e nei loro paraggi, la nuova Italia a reddito più alto e a maggior stabilità chiedeva all'abitare qualcosa di diverso. Non più solo funzionalità per raggiungere i luoghi di lavoro e di studio, dunque, ma anche un sistema integrato, di prossimità, capace di garantire quella privacy e quella sicurezza che nel Paese colpito da terrorismo, sequestri a scopo di estorsione e violenza politica diventavano un bene sempre più importante.

La rivoluzione di Milano 2

Milano 2 non era solo una nuova città, ma un nuovo modo di vivere le città. Servizi integrati ai centri residenziali, dalla grande distribuzione ai luoghi di culto, andavano di pari passo con una fornitura crescente di servizi estetici e paesaggistici. Prima che si parlasse di riplantumazione degli alberi, di quartieri verdi e di ecologismo urbano, Berlusconi e gli architetti coinvolti, Giancarlo Ragazzi, Giuseppe Marvelli, Antonio D'Adamo e Giulio Possa per la parte architettonica e di Enrico Hoffer per quella paesaggistica, inserirono parchi, piste ciclabili, zone verdi e perfino un laghetto pullulato da trote e tartarughe. Uno spazio edificato dopo esser stato sottratto alle vastità del Parco Agricolo che abbraccia Milano non poteva non essere pensato come "verde".

berlusconi  segrate
Silvio Berlusconi a Segrate nel 1996

Hoffer ricordò che Berlusconi "era attivissimo, partecipava alle nostre riunioni, diceva la sua e ha sempre avuto un ruolo significativo. Un suo pallino? Voleva a tutti i costi che i bambini potessero andare a scuola a piedi". Un'altra grande novità di Milano 2, la cui edificazione finale sarebbe stata completata del 1979, fu la sostanziale "autodeterminazione" degli abitanti del quartiere satellite per quanto riguarda la gestione dei servizi principali. La città pensata da Berlusconi aumentò anche la responsabilità degli abitanti verso il luogo di riferimento, aumentando sostanzialmente quella cura di prossimità fondamentale per garantire qualità della vita e sicurezza.

Berlusconi centrò nel segno la necessità di un nuovo modello di vita nel tessuto urbano. La direzione geografica delle strade di Milano 2 lo conferma. Come ricorda Millennio Urbano, "gli edifici stessi vennero costruiti con mattoni di un rassicurante color marrone per differenziarli dall’ultramoderno cemento bianco, associato al fallimento di alcuni progetti edilizi nella zona di Milano. Il quartiere era separato in modo netto dal resto della città, delimitato da muri, ponti e strade. Le casa erano orientate verso l’interno, verso Milano 2, e raramente all’esterno, verso Milano, o la vicina Segrate. Un efficiente sistema di portinerie e vigilanza notturna completava il quadro della sicurezza".

Brugherio e Milano 3, le altre città del Cavaliere

Pensata da un Berlusconi non ancora trentacinquenne, Milano 2 è sicuramente la componente più iconica della storia edilizia del Cavaliere e futuro presidente del Consiglio. Ma non l'unica. Non ancora trentenne, il giovane Berlusconi pensò di anticipare l'esperimento a Brugherio, nel 1964, pensando a un progetto di città ideale da 4mila abitanti poi ridimensionato a causa della crisi immobiliare post-boom economico. Ma il piccolo borgo abitativo di Brugherio "dove l’autunno finisce dopo e la primavera comincia prima" esiste ancora, in Via Volturno 80.

A Milano 2 succedette, poi, l'ancora più particolare e futuristica esperienza di Milano 3, sita nel comune di Basiglio e nota al grande pubblico soprattutto per la presenza, nel suo centro direzionale, del quartier generale di Mediolanum. L'Italcantieri dell'Edilnord berlusconiana costruì tra il 1980 e il 1991 l'oasi in periferia che, ricorda uno studio del Dipartimento di Urbanistica dell'Università di Parma, "rihiama i modelli “europei” il quale prende l’immagine del verde e la triplice rete stradale (veicoli, biciclette e pedoni) come immagine significativa". A Milano 3 la popolazione attuale è attorno a 7mila abitanti, potenzialmente espandibili fino a 10mila, e ha sede, nel comune di Basiglio, vicino alla prima "gated community" italiana, quella di Borgo Vione.

Una nuova visione per Milano

Ragazzi e Hoffer furono gli "uomini del destino" anche del progetto Milano 3, dopo esser stati gli architetti di riferimento del progetto della "città dei numeri uno" a Segrate. E in forma strutturale si può notare che a prescindere dall'impegno diretto i piani di Berlusconi in campo economico hanno sempre avuto una ricaduta diretta e virtuosa sulle collettività di riferimento. Del resto, se Segrate fu al tempo stesso il punto di partenza della corsa di Berlusconi e della sua carriera mediatica, in quanto sede iniziale di TeleMilano, Milano 3 fu la base da cui partì anche la proiezione nazionale di Mediolanum.

Notevole notare come nell'intenzione del costruttore diventato poi premier Milano fu sviluppata partendo dalle periferie più che dal centro anche per marcare il distacco dall'antenata della "borghesia da Ztl" che dominava i dibattiti culturali e politici e che spesso l'avrebbe poi osteggiata politicamente. E così Berlusconi comprò Il Giornale anche perché attratto dall'animo ribelle di Montanelli contro un modello di Milano che intendeva modernizzare partendo dalla borghesia imprenditoriale, produttiva e dal profilo basso. Il pubblico di riferimento della testata era quello ideale che avrebbe affollato, negli anni, i progetti edilizi del Cavaliere, acquistando i lotti e popolando le nuove città nell'hinterland. Garanzia di un nuovo rapporto tra l'uomo e la città, dunque tra società e comunità.

In una relazione di mutua dipendenza che portava gli ambienti abitativi a essere funzionali ai bisogni dei residenti e questi ultimi responsabili verso la loro cura. Una piccola, grande rivoluzione che andrebbe riscoperta anche oggi.

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