Il filo rosso che lega dossier e Covid

Il destino incrociato di Giuseppe Conte e del deputato grillino Cafiero de Raho. Ecco perché

Il filo rosso che lega dossier e Covid

Ci sono due uomini in conflitto d’interessi con i segreti che custodiscono. Segreti da cui dipendono molti misteri italiani, dal Covid ai dossieraggi travestiti da Antimafia, di cui oggi la politica chiede conto, invano. Giuseppe Conte e il «suo» deputato Cafiero de Raho siedono in due commissioni parlamentari chiave, quella che indaga sulla pandemia di Covid e l’Antimafia, al centro dei dossieraggi contro il governo. Si trovano entrambi nella spiacevole situazione (per loro) di subire un processo al loro passato, alle decisioni da loro assunte, senza che loro debbano spiegarne alcunché.
Da mesi il centrodestra chiede che il deputato grillino spieghi i suoi rapporti con l’ufficiale della Guardia di Finanza Pasquale Striano, da lui promosso e che dal 2018 al 2022 - proprio sotto la gestione de Raho della Procura nazionale antimafia - assieme all’ex pm Antonio Laudati (indagato dalla Procura di Perugia in concorso con Striano e alcuni giornalisti del Domani per accesso abusivo alle banche dati e rivelazione del segreto) avrebbe accumulato migliaia di dossier senza che de Raho si fosse mai accorto di ciò che accadeva in via Giulia, a differenza del suo successore Giovanni Melillo, che quando si è insediato ha piantato dei paletti e ha fatto saltare il banco, visto che gli accessi abusivi di Striano sono proseguiti anche in uffici diversi da quelli della Dna e anche dopo l’arrivo di Melillo, non vuole nemmeno che Striano e Laudati vengano auditi a Palazzo San Macuto. «È un’aggressione pretestuosa e vergognosa contro de Raho, vittima di questa vicenda», dice Conte in difesa dell’ex magistrato, definito «campione di legalità e antimafia».
Così de Raho non può essere interrogato dall’Antimafia di cui è membro, a meno che i presidenti di Camera e Senato - sollecitati da Fdi e Italia Viva a decidere su Conte in commissione Covid - non decidano diversamente. La presidente dell’Antimafia Chiara Colosimo vorrebbe modificare la legge che disciplina l’istituzione della commissione Antimafia per prevedere l’esclusione dei parlamentari in presunto conflitto d’interessi ma la proposta si annuncia poco percorribile senza un passo indietro di de Raho.
Quanto all’ex premier ieri ha esordito con un bluff, chiedendo di essere audito. “Conte sa benissimo che restando componente di Commissione, intenzione peraltro ribadita con fermezza in seno all’organismo appena riunitosi, non potrà essere audito. Insomma, un cavillo perfetto che suona come: ‘vorrei tanto, ma non voglio!’", dicono in coro i componenti Fdi in commissione Covid. Qualche giorno fa, anziché restare in silenzio, lo stesso Conte - che ha mantenuto per tutto il suo mandato la delega sui servizi segreti - si è persino fatto scudo dei medici «morti pur di salvare anche i suoi parenti» per respingere le accuse dei congiunti delle vittime della pandemia che gli contestavano alcune misure oggi palesemente inadeguate o semplicemente folli su autopsie, funerali e terapie domiciliari.
Un insulto anche al personale sanitario, lasciato a combattere una guerra senza adeguate protezioni. Ieri l’ha ricordato in audizione il presidente del sindacato dei medici Cimo Guido Quici: “I problemi gestionali dell'emergenza sanitaria sono iniziati dall'assenza di un piano pandemico aggiornato, che avrebbe dovuto prevedere le azioni necessarie a contenere una eventuale pandemia”, compresa la fornitura di mascherine che andavano stoccate. “È stata fin da subito evidente - si legge nel documento presentato alla Commissione - l'assenza della capacità e/o della possibilità di agire in maniera coordinata ed efficace in tutto il Paese, a causa della spiccata autonomia fortemente rivendicata dalle Regioni e della parallela marginalità del ruolo del Ministero della Salute”. Tanto che “per ovviare all’assenza di mascherine come dispositivi di protezione individuale l'Istituto Superiore di Sanità ne autorizzò anche negli ospedali, esponendo dunque al contagio proprio le risorse umane più preziose per contrastare il virus”, sottolinea Quici.
Perché quelle mascherine erano di carta velina. Ci sono volute le inchieste della magistratura per capire che quelle acquistate dal commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri e bellamente sdoganate pur in assenza di certificazioni valide grazie a un escamotage erano farlocche, inutili se non dannose. Conte ha sempre lodato il lavoro delle Dogane e della Protezione civile - anche davanti ai microfoni di Report - eppure l’esecutivo sarebbe stato al corrente che quelle mascherine erano senza certificazione. Ci sarebbero valanghe di documenti a dimostrarlo già in mano a pm e funzionari dello Stato messi da parte per farli tacere.
È su questi incauti acquisti fatti col Covid, dai respiratori ai banchi a rotelle, che si concentrerà l’azione della commissione, nel tentativo di stilare una sorta di manuale di istruzioni ed evitare gli errori nella gestione della pandemia, costati all’Italia un numero altissimo di morti (specie tra medici e infermieri) nonostante due lockdown, il green pass e l’obbligo vaccinale.
Come gli affari dalle commissioni milionarie con la Cina e la Fondazione che ha come vicepresidente Massimo D’Alema, guarda caso garante di Conte e dell’asse Pd-M5s che ha guidato l’esecutivo nonché mentore del ministro della Salute Roberto Speranza, dai cui sms con i membri del Cts e dell’Iss - raccolti dalla Guardia di Finanza per conto della Procura di Bergamo - raccontano il caos che regnava a Palazzo Chigi dopo la scellerata decisione di non usare un Piano pandemico non aggiornato ma che, se applicato, avrebbe potuto contenere molti danni.
Quell’indagine lambì anche il comandante interregionale Gdf Fabrizio Carrarini, che sentì il dovere di avvisare il capo di gabinetto di Speranza di una imminente perquisizione al ministero della Salute su mandato della Procura di Bergamo e che per questo fu indagato ma immediatamente archiviati. Di questo verdetto rimasto segreto il Domani, guarda caso lo stesso giornale al centro della spy story sui dossieraggi, si accorse solo alla vigilia della nomina del nuovo comandante generale della Gdf, nel tentativo (riuscito) di stoppare la legittima corsa di Carrarini.


C’è un filo rosso che unisce i dossieraggi di Striano al pasticcio del Covid? Sono iniziati durante la pandemia per zittire chi criticava il governo o per controllare chi stava indagando su Palazzo Chigi? Bisognerebbe chiederlo a Conte e de Raho.

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