È ancora presto per capire con esattezza cosa sia successo lo scorso 9 aprile quando, all'improvviso, un'esplosione ha sventrato il cuore della centrale idroelettrica di Suviana. L'ultimo disperso è stato recuperato questa mattina e ora si dovranno esplorare le cause, analizzando gli elementi che hanno subito i maggiori danni. Il problema è sorto nel gruppo due dell'impianto, il sistema turbina-alternatore-trasformatore gemello del gruppo uno, che era già stato collaudato e non aveva mostrato alcuna criticità.
Al momento, tutti gli esperti sono concordi nell'indicare l'alternatore come elemento di incipit del disastro, vista la sua dinamica che ha portato prima a una esplosione e poi a un rogo. Anzi, nello specifico, l'olio del sistema di raffreddamento. "Ci potrebbe essere stato un problema all’alternatore. Si potrebbe essere sbilanciato. Parliamo di una macchina di 140-150 tonnellate di peso che gira a 370 giri al minuto, circa 5 giri al secondo", ha spiegato al Corriere della sera Giovanni Toffolo, che fino a due anni fa era commissioning manager del team di Enel Green Power. Aveva lavorato anche con Adriano Scandellari, una delle vittime, e con gli altri operai coinvolti nel disastro. "Ci ho pensato e ripensato perché loro erano i miei compagni di lavoro, persone preparatissime", ha spiegato.
Le sue sono solamente ipotesi frutto di ragionamenti e dell'esperienza personale maturata in quei contesti ed è proprio in ragione di quanto da lui osservato nei lunghi anni di lavoro, trascorsi anche nelle centrali idroelettriche, che Toffolo suppone che lo sbilanciamento dell'alternatore "potrebbe aver divelto una parte della struttura rompendo anche i cuscinetti". Questa parte dell'impianto è l'unica che presenta olio, sostanza che potrebbe aver contribuito all'incidente in quanto presenta caratteristiche di infiammabilità. Un elemento indispensabile, come sottolinea lo stesso Toffolo, perché "serve per lubrificare, togliere attrito ad una struttura così grande che gira di continuo". La turbina è un mero elemento meccanico che funziona grazie alla caduta d'acqua: viene mantenuto costantemente freddo proprio dalla sua fonte di alimentazione. L'alternatore, invece, necessita di un impianto di raffreddamento a olio per non surriscaldare.
Ma si tratta ancora di mere ipotesi, ragionamenti in astratto sulla base delle conoscenze di impianto. Sarà fondamentale la testimonianza dei sopravvissuti e l'analisi del sito per capire realmente cosa sia potuto accadere, soprattutto per evitare che possa nuovamente verificarsi in futuro: l'incidente di Suviana è un unicum nel panorama idroelettrico. "Per prevedere una misura di sicurezza bisognerebbe prevedere una fonte di pericolo. Ma noi non avevamo idea che questo tipo di centrale idroelettrica potesse subire un incidente così grave", ha spiegato a La Repubblica Giuseppe Del Giudice, professore ordinario di costruzioni idrauliche e idrologia all’università di Napoli. "A memoria mia e dei miei colleghi non era mai avvenuto un incidente simile. Fatichiamo a immaginare cosa possa essere andato storto lì sotto", ha ammesso l'esperto.
L'incidente di Suviana rischia di rallentare lo sviluppo dell'idroelettrico, che tra le fonti rinnovabili è senz'altro quella che offre migliore efficienza. Nel nostro Paese, per esempio, oltre il 40% dell'intera produzione energetica rinnovabile è garantita proprio dagli impianti idroelettrici, che da soli coprono la quantità di energia che viene prodotta assieme da eolico e solare. Questa centrale resterà probabilmente chiusa per anni, i danni ammontano a diverse centinaia di milioni di euro, ma soprattutto si dovrà studiare il sito e analizzare con precisione assoluta l'incidente. "Per l’approvvigionamento non ci saranno problemi.
Allo stesso tempo, però, un incidente gravissimo come questo impedirà nell’immediato di fare nuovi impianti. Ed è un problema", ha spiegato a Il Giorno Davide Tabarelli, presidente e fondatore di Nomisma Energia oltre che docente universitario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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