Ancora un risarcimento per una negligenza sanitaria in Puglia, dove i familiari di una donna deceduta a 64 anni in conseguenza di "premature dimissioni" dalla clinica privata di Lecce in cui era ricoverata riceveranno ora 800mila euro. Metà di questo indennizzo, che non servirà a colmare il vuoto per la sua assenza nella famiglia della vittima, è in capo al medico che, in sede di dimissione, non si è accertato di dare alla donna le indicazioni utili per proseguire con una cura antibiotica.
Il calvario della famiglia della vittima è iniziato nell'ottobre 2015, quando la donna è morta in conseguenza di uno choc settico sopraggiunto in seguito a un intervento chirurgico al quale si era sottoposta alcuni mesi prima per una patologia cardiaca. Ma quel decesso non ha convinto i suoi familiari, che hanno deciso di vederci chiaro e, così, hanno chiesto il supporto di un legale che ha seguito la causa e avanzato la richiesta di risarcimento in sede civile che, a fronte di riconosciute responsabilità, è stato concesso dal tribunale salentino. Stando a quanto ricostruito in sede processuale, infatti, la donna subito dopo l'intervento, eseguito a giugno di quell'anno, aveva iniziato una terapia antibiotica, come da protocollo, ma alle dimissioni, firmate il 13 luglio, nessuna prescrizione in tal senso le è stata consegnata dai medici che l'hanno avuta in cura. Inoltre, è emerso che non è stata data segnalazione di uno stato febbrile, fino a 38 gradi, sopraggiunto nella donna dopo l'intervento, che sarebbe potuto essere un campanello d'allarme per indicare un'infezione in atto.
Questo, viene spiegato, nonostante negli esami strumentali eseguiti dopo l'intervento emergesse un quadro piuttosto complesso. Nella Tac eseguita il 6 luglio, infatti, erano emerse delle anomalie toraciche: "Esiti di stereotomia mediana. Imbibizione dematosa dei tessuti molli pre e retro sternali. Polmone destro e polmone sinistro: falda di versamento pleurico". Già al momento delle dimissioni, hanno riferito i figli nella loro denuncia, "era già possibile sospettare l’insorgenza di una mediastinite".
Nella sentenza del giudice si legge che "si può desumere agevolmente che, alla luce delle condizioni febbricitanti della paziente, che le sue dimissioni si dovevano ritenere premature e che, nel caso di specie, sarebbe stato più appropriato un approccio più prudente". Per il giudice, "le responsabilità devono essere ripartite tra la struttura clinica e il medico chiamato in causa. In pari misura".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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