dal nostro inviato a Monfalcone
È una sagoma aspra e nera quella seduta al tavolino del bar sulla sedia di metallo. Dà le spalle alla strada, di fronte c’è il marito. Solleva di pochi centimetri il niqab e ci infila sotto un cornetto alla marmellata portandoselo alla bocca invisibile. Lo zucchero a velo inneva la gonna scura. Il mercoledì a Monfalcone è giorno di mercato ed è una delle rare occasioni per vedere le donne musulmane che abitano qui in «libera uscita».
Poche altre concessioni, come accompagnare i figli a scuola al mattino o seguire i mariti restando tre passi indietro per andare a fare la spesa in qualcuno dei loro negozi. Ma la sera non escono, non entrano nelle moschee, nella maggior parte dei casi non parlano italiano e, comunque, non si rivolgono agli «altri». In Italia si processa il patriarcato, le donne musulmane esistono per non esserci. Coperte, in silenzio, a distanza.
All’ombra delle vite degli uomini, con i diritti amputati all’origine. Dei settemila bengalesi che vivono qui, sono solo sette le donne che lavorano. Quelle che sono riuscite ad affrancarsi. E poi ci sono sporadici esempi di ribellione, come quello della quindicenne che settimana scorsa è riuscita a rivolgersi ai carabinieri perché non voleva tornare in patria per le nozze combinate. Le forze dell’ordine sono intervenute e sono riuscite ad inserirla nel protocollo che scatta in questi casi. C’è una «stanza rosa» al pronto soccorso, che è il primo posto sicuro in cui vengono portate ragazzine nella sua situazione fino a quando non intervengono i servizi sociali e le trasferiscono in un luogo protetto. A casa, per essere convinta del suo destino, aveva preso schiaffi anche dalla madre.
Le donne, qui, nella maggior parte dei casi arrivano in Italia grazie al ricongiungimento famigliare e, giovanissime, cominciano a fare figli, tre o quattro di media. Ma è difficile gestirli in un Paese straniero, specie quando non si conosce la lingua. È un problema portarli dal medico, seguirli nei compiti e nelle attività extrascolastiche, avere contatti con gli altri genitori, con chiunque.
Ma il mercoledì è una giornata speciale, la centralissima piazza della Repubblica (quella sulla quale si affaccia anche il Municipio) si riempie di bancarelle, così come via Sant’Ambrogio, che è stata ribattezzata polemicamente «il suq» dai monfalconesi (il soprannome vale per ogni giorno della settimana, visto che la maggior parte delle attività è in mano ai bengalesi: kebab, market, profumerie che finiscono poi col vendere di tutto...), e spunta una marea di signore velate che pescano nelle ceste di felpe a cinque euro con un entusiasmo tradito solo dai gesti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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