Il caso di "Villa Paradiso" a Bologna sta facendo discutere. La "casa di quartiere" che il Comune vuole chiudere per destinarla ad altri obiettivi, come per esempio il welfare è in rivolta mentre si studiano sistemi per protestare contro la decisione. Tuttavia, ad attirare l'attenzione in queste ore non è lo sgombero del centro sociale marcatamente filorusso, ma il fatto che a raccontare quanto sta accadendo a Bologna sia arrivata una televisione di Mosca, che dal 2022 è stata oggetto di sanzioni in Italia e in Europa.
"La libertà di parola e la russofobia sono oggetto di proteste a Bologna", dice un passaggio del servizio televisivo mandato in onda da Rossiya1, primo canale russo. Un "organo di disinformazione", lo definisce l'Unione europea, che ha deciso di metterlo al bando. Ciò significa che Rossiya1 in Italia, e in qualunque altro Paese dell'Unione europea, non può svolgere alcuna attività. Quindi non può realizzare contenuti, non può trasmettere e non può in alcun modo lavorare nel nostro Paese. Eppure, il 18 gennaio una giornalista di Rossiya1 non solo era in Italia ma ha anche realizzato un servizio dal nostro Paese, con tanto di operatore e telecamere. Era a Bologna per intervistare i manifestanti No Nato che difendevano "Villa Paradiso".
Lo scopo di tale lavoro giornalistico nel nostro Paese è chiaro: far passare in Russia il messaggio che l'Italia si sta ribellando alle politiche occidentali e sostiene Putin e Mosca. Le polemiche per il centro sociale bolognese sono iniziate quando è stato trasmesso un film propaganda della narrazione russa sulla guerra in Ucraina e la giornalista di Rossiya tv sostiene che "per la libertà di parola e contro la russofobia si protesta oggi a Bologna. Decine di italiani sono usciti in strada dopo la chiusura del centro sociale Villa Paradiso. Il Comune ha sgomberato gli affittuari con il pretesto di cambio di destinazione d’uso dell’edificio. Per la verità subito dopo la proiezione di un film documentario sugli eventi in Ucraina". E non solo, perché la giornalista russa incaricata di realizzare il servizio ha dichiarato che "ormai in Italia l’unico posto in cui trovare fonti di informazione alternativa sono i social network".
Ora è fondamentale capire come sia stato possibile che la tv russa abbia potuto lavorare in Italia. La vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno ha sollevato il caso e ha ripromesso di impegnarsi su questo fronte.
Di contro, ci sono anche gli esposti alla procura di Roma e all'Agcom per capire chi abbia autorizzato la Russia a lavorare in Italia (se esiste autorizzazione) e chi abbia chiamato Rossiya1 per parlare del caso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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