Negozi ebraici, la vergogna del boicottaggio

Boicottare i negozi degli ebrei nella capitale. Una proposta delirante lanciata ieri da un sindacato autonomo, la Flaica-Cub per protesta contro i bombardamenti di Israele, ha scatenato la reazione scandalizzata di tutta una città e quella - per fortuna - bipartisan di tutto il mondo politico. E quella del segretario provinciale della semisconosciuta sigla Giancarlo Desiderati («abbiamo solo proposto di non comprare prodotti made in Israele. Non siamo antisemiti») ha il sapore più di un maldestro tentativo di evitare una fuga di iscrizioni invocata da più parti che di una vera resipiscenza.
Il boicottaggio dal sapore nazista ha prima di tutto indignato e preoccupato la comunità ebraica: «Sporgeremo denuncia contro questa iniziativa per istigazione all’odio razziale in base alla legge Mancino», assicura il presidente Riccardo Pacifici. Che può consolarsi con la quantità di attestati di solidarietà giuntigli ieri, da quello del presidente del Senato Schifani. E quella del sindaco Gianni Alemanno, che ieri all’ora di pranzo proprio in compagnia di Pacifici e del presidente della Provincia Nicola Zingaretti si è recato a fare acquisti in alcuni negozi di commercianti ebrei in via del Corso: «È un dovere dare un chiaro segnale di solidarietà alla comunità ebraica, in particolare ai commercianti, rispetto a questa idea folle e criminale del sabotaggio dei negozi ebrei e comunque dei prodotti di Israele». Per il sindaco l’invito al boicottaggio «rimanda alla memoria i tempi passati: così cominciò la discriminazione nazista nei confronti degli ebrei. Queste cose nella nostra città non possono esistere». Condanna durissima anche da parte di Cesare Pambianchi, presidente della Confcommercio Roma: «Si tratta - spiega Pambianchi - di una proposta vergognosa e inaccettabile che ha un pericoloso sapore di revisionismo storico. Siamo davvero tornati alle liste di proscrizione? I problemi di politica estera e in modo particolare guerre ataviche e sanguinose come il conflitto israelo-palestinese, vanno risolti nelle sedi opportune e non attuando sterili atti di opposizione contro una comunità che con il suo lavoro e con le sue imprese contribuisce da sempre allo sviluppo dell’economia romana». E che la reazione alla «fatwah» capitolina arrivi anche da sinistra lo dimostra la presa di posizione di Cgil, Cisl e Uil Roma: «Quel volantino - fa sapere il sindacato confederale romano - è una vergogna e siamo convinti che i cittadini, i lavoratori del settore ed i commercianti romani sapranno gettare quella cartaccia che inneggia all’odio razziale con il titolo “saldi sporchi di sangue” negli appositi contenitori per la raccolta differenziata presenti in ogni centro commerciale».
Ma quel triste olezzo di leggi razziali non si toglie dal naso dei commercianti ebrei di Roma, che ieri hanno vissuto una giornata di dolore e rabbia. «Se il sindacato vuole - tuona provocatoriamente il titolare di un negozio di camicie e cravatte del centro della capitale - possiamo attaccare delle stelle gialle sulle nostre vetrine». Gli fa eco un’altra commerciante ebrea: «Noi viviamo a Roma in pace da centinaia di anni. Non ci sono parole per commentare questa iniziativa che è estremamente offensiva verso chi lavora onestamente».

Condanna bipartisan dal mondo politico. Per Massimo D’Alema si tratta di «un messaggio grave e assurdo in un momento come questo, che richiederebbe dialogo e solidarietà per reagire tutti insieme alla tragedia di Gaza».

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