Nel «Porcile» di Pasolini dove l’umanità si è confinata per vivere senza la parola

Un prato stilizzato, con alcuni fiori colorati e una panchina. L’essenzialità della scenografia scelta per Porcile di Pasolini, lo spettacolo che debutta martedì all’Argentina, regia di Massimo Castri, rispecchia la chiarezza del testo. «È una fabula semplice - racconta Castri -, una specie di fiaba nera che racconta cose terribili in maniera anche umoristica. Forse è uno dei testi più pessimisti e duri di Pasolini, ma allo stesso tempo invita a giocare». Scritto nel ’66, Porcile è la storia di un ragazzo di 25 anni, Julian Kotz (interpretato da Antonio Giuseppe Peligra), figlio di un industriale tedesco degli anni Sessanta (Paolo Calabresi). Julian non parla e ha una passione prepotente e infantile per i maiali. Il finale è tragico: il giovane viene sbranato dagli amati maiali. La scena viene raccontata da un contadino immigrato italiano, interpretato da Ninetto Davoli nella pellicola omonima del ’69, diretta da Pasolini e interpretata da Pierre Clementi e Franco Citti. «Julian è un protagonista quasi assente - prosegue il regista -. Decide di vivere nel silenzio e di non prendere parte a un gioco che non può condividere. Sceglie l’afasia e una specie di regressione infantile. Nel tracollo sociale che viviamo, la sua mi è sembrata una figura attuale, di qualcuno che sembra dire “non ci sto”». Nelle pagine di Porcile l’autore trasfonde in parte la propria esperienza autobiografica. «In modo simile a Pirandello, tende a parlare di sé ma poi non vuole che ciò sia evidente. Mi colpisce l’assonanza con una poesia dedicata alla madre, in cui Pasolini scrive “ho un’infinita fame/d’amore, dell’amore di corpi senz’anima”: è una dichiarazione impudica e disperata, che fa capire come Julian sia una figura mitica dell’eros, un archetipo che racconta più di ogni altra cosa Pasolini stesso». Julian realizza dunque l’eros dell’autore, come lui ossessionato dall’attrazione per i «corpi senz’anima». «Il corpus teatrale pasoliniano è un patrimonio di grande importanza - conclude Castri -, da esplorare con la stessa confidenza e libertà che si hanno nel rapporto con i classici».

Dopo Molto rumore per nulla e Filumena Marturano, Porcile è la terza produzione del Teatro di Roma per la nuova stagione.
Tra gli altri interpreti, Corinne Castelli, Ilaria Genatiempo, Davide Palla, Mauro Malinverno, Milutin Dapcevic, Miro Landoni e Vincenzo Giordano.
Fino al 21 dicembre. Info: 06.6840001.

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