Nel presepe di Assisi tanta immigrazione e poca misericordia

Caro Granzotto, siamo arrivati (e c'era da aspettarselo) al simbolico barcone dei migranti posto sotto l'albero di natale di Assisi. Ora mi aspetto di vedere una simbolica testa mozzata sotto lo stesso albero, in ricordo delle migliaia di sventurati cristiani trucidati in Nigeria, Siria, Iraq da parte di islamici. Quegli stessi cristiani sui quali mi pare di non aver sentito ancora pronunciare una sola parola di pietoso ricordo, in occasione del prossimo Natale, da Papa Bergoglio.Paolo MorocuttiMilano Amico mio, non è un semplice barcone (fatto giungere apposta da Lampedusa) quello davanti alla Basilica del Santo. È, si tenga forte, un presepe. Anzi, per dirla con padre Fortunato, del convento di Assisi, «lo sfondo concreto e drammatico del presepe». Uno squallore: quattro piccole e rozze terrecotte come fossero gettate lì, tra salvagenti, bottiglie di plastica, buste di cibo arabo. Senza pace, il santo presepe. O non lo vogliono esporre per non urtare la suscettibilità degli islamici frugoli o, se lo espongono, ne annullano il significato per farne messaggio, così Catiuscia Marini, Presidenta dell'Umbria, «di accoglienza, convivenza e solidarietà».

E va bene, ma come dice lei, caro Morocutti, i fraticelli d'Assisi non potevano approfittare dell'occasione per mettere, a fianco del barcone, qualche legno bruciacchiato della chiesa di Maiduguri, dove il califfato islamico nero di Boko Haram ha fatto rogo di un centinaio di cristiani? Magari niente «accoglienza», per carità, niente «convivenza», mica è gente da barcone con la quale giocare al multiculturalismo con i fraticelli e la Boldrina; ma un po' di «solidarietà» per le 7mila vedove e i 10mila orfani degli oltre 5mila cristiani uccisi in Nigeria dal fuoco o dalla mannaia islamica (dati divulgati da padre Gideon Obasogie, della diocesi di Maiduguri), magari ci poteva stare. È o non è, questo, il giubileo della misericordia?

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