Ha vinto il candidato che (a parole) non piace a nessuno. Mitt Romney è questo: l'uomo che tutti criticano, da destra, da sinistra, dal centro, ma che adesso ha davanti a sé una specie di prateria dove intravede già la nomination repubblicana. In New Hampshire ha vinto come da pronostico. Ha vinto bene, nonostante qualcuno dei suoi rivali dica il contrario. E' andato oltre il 35 per cento, quando gli ultimissimi sondaggi lo vedevano arretrare addirittura sotto il 30. Ha vinto e ha già parlato da anti-Obama. Perché questo è lui, almeno in pectore. Gli altri, a cominciare da Ron Paul, secondo in New Hampshire, devono inseguire il frontrunner e devono inseguire anche i loro guai.
La verità, amara forse per quell'ampia fetta di elettorato conservatore americano che non ama Romney, è che non c'è un candidato migliore di lui. I difetti degli altri superano quegli già spesso abbondanti di Mitt. Ora può soltanto perdere lui. Può sbagliare come ha fatto in passato e mettere a repentaglio la nomination. Ma se non sbaglia a novembre sarà lui a sfidare il presidente uscente.
L'ultimo test, forse non decisivo al 100 per cento, ma molto indicativo, sarà il 21 gennaio in South Carolina: se Romney dovesse vincere anche lì (e i sondaggi dicono che goda di un ampio vantaggio), sarebbe fatta. Solo una sconfitta nel primo stato del Sud riaprirebbe la partita. Già, ma per chi? Rick Santorum esce ridimensionato parecchio. L'avevamo detto: rischiava di essere l'erore per una notte. L'Iowa gli ha dato visibilità e una chance. Per restare in corsa davvero aveva bisogno di un grande risultato anche in New Hampshire: non c'è stato. E' andata meglio di quanto potesse immaginare un mese fa, ma non abbastanza. Ora qualcuno parlerà di Jon Hustsman, terzo ieri. E' l'altra meteora: aveva speso tutto quello che aveva nello stato del granito. E' apparso, ha brillato, ha salutato, passerà. Pià moderato di Romney e mormone come Romney: ha preso molti elogi dalla stampa ma non può sfondare nel cuore degli elettori. Uscirà con una medaglietta: anche per lui più di quanto sperasse un mese fa.
Ron Paul formalmente è in corsa. Terzo in Iowa, secondo in New Hampshire. Non mollerà, ma secondo tutti gli analisti, i commentatori, gli strateghi non può farcela. Dispiacerà agli arrabbiati che lo sostengono, ma così sarà. Poi c'è Newt Gingrich. Male anche ieri, è secondo nei sondaggi del South Carolina: deve fare un exploit lì a Charleston, il 21; deve restare attaccato a Romney lì per sperare di arrivare il 31 in Florida, dove oggi è favorito, e allungare la campagna elettorale il più possibile.
Difficile, comunque. Difficile perché i moderati stanno tutti con l'ex governatore del Massachusetts, i conservatori si dividono tra Santorum, Paul e Gingrich. Praticamente Romney vede il traguardo.
Per mancanza e divisione delle alternative. Non piace a molti, anche a una parte di quelli che lo vota, ma piaccia o no, l'America anti-Obama non ha alternative. O se ce le ha, allora queste non hanno i numeri. Quindi non ci sono.Twitter: @giudebellis
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