New York sceglie il grigio e lo stile Audrey

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da New York

Si chiude la stagione delle sfilate americane per il prossimo inverno e si apre quella delle elezioni presidenziali. L’American dream continua dando la speranza, per la prima volta, a una donna. Il Paese a stelle e strisce, in politica come nella vita, ti offre le opportunità impossibili, ti chiama, e, se te lo meriti, ti regala il successo.
Nella moda, almeno, si hanno forse più chance che in Europa dove sanno già tutto, capito tutto e hanno solo da insegnare agli altri. Qui siamo all’abc, proposte, su duecento sfilate in calendario nel fashion week americano, spesso senza significato se non per un mercato di quartiere. Poi c’è il grande salto di qualità con marchi come Ralph Lauren, Calvin Klein, Donna Karan, Marc Jacobs, le grandi firme d’America.
Ralph Lauren è l’incarnazione del sogno americano, partito nel 1967 con 26 scatole di cravatte e diventato lo stilista più ricco del mondo, a capo di un autentico impero che vanta un fatturato da circa 5,5 milioni di dollari. L’evergreen che non tramonterà mai si è presentato in passerella, bello come il sole, in perfetta forma subito abbracciato dalla famiglia e da Lauren Bush, fidanzata del figlio David. Ha fatto centro ancora una volta con la sua bella moda adorata dalle donne di mezzo mondo, quelle donne che amano il glamour vero. In passerella c’era una Audrey Hepburn molto francese ma soprattutto molto moderna con tubini neri o pantaloni a vita alta portati con giacchini corti corti. Oro in tutte le salse: nella pelle dei giubbotti, intrecciato, tricottato nei tessuti di cappotti redingote. Scarpe di cocco con fiocco dal tacco assassino così come le borse (da 14mila euro in su).
Altro nome planetario con numeri da capogiro, Calvin Klein, 4 miliardi di dollari di fatturato ripartiti su 25 linee. Lo stilista brasiliano Francisco Costa ha tratto ispirazione da Elizabeth Taylor nel film Butterfield 8. «Liz è l’icona della donna indipendente, sicura di sé, che crede in se stessa», ha spiegato a fine sfilata. In passerella s’è vista una collezione convincente, sexy, femminile, molto costruita nella sua estrema semplicità. Il grigio predomina con 50 nuances e sviluppato in vari tessuti. Un colore che ha esaltato questa silhouette allungata giocata con pieghe e punti ripresi dall’effetto uovo. La struttura inizia dal collo e dal cappuccio per poi svilupparsi in pezzi di grande raffinatezza che si fanno a volte scultura. E sculture possono essere anche i grattacieli di New York, architetture lineari e perfette, che sono come gli abiti di Donna Karan. Anche qui impera il grigio con tocchi di colore acceso, un modo, come dice la brava stilista americana, «di esaltare il potere delle donne». L’eleganza sofisticata si fa strada sempre più e persino un marchio sportivo per eccellenza qual è Tommy Hilfiger vira drasticamente usando tessuti maschili come tweed e principe di Galles per abiti ben disegnati. Non si scosta dal suo percorso con una straordinaria performance nella mega palestra dell’Hunter College Y3.

Ad applaudire lo sport chic di Yamamoto, Zidane e Kournikova. Tante le pellicce, soprattutto per la strada. La più incredibile era quella sulla passerella di Evisu, marchio del jeans giapponese: una mantella in piume di pavone.

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