Niente espulsione se sono poveri La Cassazione mina la Bossi-Fini

Respinto l’allontanamento di una rumena che non poteva pagarsi il viaggio. Il centrodestra insorge: «Boicottaggio»

Anna Maria Greco

da Roma

Mentre gli ultimi clandestini sbarcano su una spiaggia di Lampedusa, la Cassazione offre un incoraggiamento. Quelli che non possiedono niente, dice una recente sentenza, neppure i soldi per comprarsi il biglietto di rimpatrio, non possono essere espulsi. A salvarli, dunque, può essere la loro «assoluta» indigenza. Tutto nasce dalla storia di Malina A.N., clandestina rumena che non ha una casa e dorme in uno scalo ferroviario di Roma. Ha ricevuto da tempo l’ordine di allontanamento, ma non si muove di là. E ora, la prima sezione penale della Suprema Corte le dà ragione, respingendo il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma, che chiedeva il suo allontanamento.
Gli ermellini fanno riferimento alla pronuncia della Corte Costituzionale del 2004 (sentenza 30774), in cui si osserva che la «causa giustificativa» dell’espulsione di un immigrato «non può essere costituita dal mero disagio economico di regola sottostante al fenomeno migratorio, ma ben può essere integrata da una condizione di assoluta impossidenza dello straniero, che non gli consenta di recarsi nel termine alla frontiera e di acquistare il biglietto di viaggio».
Secondo il Pg, la clandestina rumena si trova senza mezzi e senza lavoro per sua «volontà» e la sua condizione di «mero disagio economico» non può costituire giusta causa al blocco dell’espulsione. Anche il sostituto procuratore della Cassazione, Paolo Bardovagni, ha appoggiato la richiesta. Eppure, al Palazzaccio hanno deciso diversamente. Alla clandestina rumena aveva già dato ragione il Tribunale di Roma, nel gennaio 2006, sempre perché la donna era «sprovvista del denaro occorrente al rimpatrio», il che era dimostrato dal fatto che alloggiava in una stazione. Ma nel suo ricorso il Pg presso la Corte d’appello di Rosi rifà proprio alla sentenza del 2004 della Consulta, secondo la quale le ragioni per il no all’allontanamento dal territorio di un immigrato devono avere «connotazioni di necessità inevitabile».
Per Alfredo Mantovano di An. è un altro «messaggio negativo», di «sabotaggio» o disapplicazione della legge Bossi-Fini, che si aggiunge agli annunci del governo Prodi sulla volontà di abolirla.
L’ultimo a ripetere che va quantomeno riformata è stato ieri il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, che ha anche proposto l’istituzione di una sorta di uffici di Collocamento all’estero, mentre il suo collega per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha assicurato che non ci sono in arrivo nuove sanatorie.

Per Mantovano, la Cassazione, «dice, in pratica: prova a venire clandestinamente, tanto è quasi impossibile che ti chiudano in un Cpt e, dopo che ti avranno consegnato il “foglietto” (cioè l’ordine di lasciare l’Italia), puoi ignorarlo, tanto nessuno dimostrerà che hai il denaro per acquistare il biglietto di ritorno. Perché meravigliarsi se negli ultimi tre mesi gli sbarchi di clandestini sono cresciuti senza freno?».

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