Il no all’«inchino» mette in ginocchio il Tigullio

È una questione di numeri, di futuro, di indotto e di buonsenso: perché - ragionano i diretti interessanti - se far parte di un’area protetta, vuol dire subire soltanto divieti e vincoli, allora meglio uscirne. Senza tanti indugi. Santa Margherita, Camogli, Rapallo, Portofino: il divieto per le navi da crociera di fare il cosiddetto «inchino» alla costa, dopo la sciagurata vicenda della Costa Concordia, coinvolge anche il Golfo del Tigullio. Le perle della Liguria, quelle conosciute in tutto il mondo e dove ogni anno sbarcano centinaia di migliaia di turisti per ammirarne lo splendore. Qui le ripercussioni delle nuove regole per i giganti del mare, si calcolano in cifre. «A Portofino erano prenotate 100-110 crociere - spiega il sindaco di Santa Margherita, Roberto De Marchi - e a Santa Margherita 35-40. In tutto sono 150 crociere che portano 2mila persone a nave, per un totale di 300mila turisti. Ciascuno spende in media 60-80 euro, per un indotto di 15 milioni di euro». Ed è chiaro - è il ragionamento del primo cittadino di Santa - che con il decreto anti-inchino che impone nelle zone di area marina protetta, di stare lontano quattro chilometri dalla costa, sarà molto difficile che i crocieristi abbiano voglia di farsi mezzora di viaggio in tender per sbarcare nel porticciolo del Levante. Da qui la proposta con un documento scritto e firmato da tutti e quattro i sindaci delle località interessate (Camogli, Santa Margherita, Rapallo e Portofino) ai ministri Clini e Passera, in cui chiedeva una deroga per poter usare un canale di avvicinamento alla costa e un’area di parcheggio controllati dall’Area Marina.
«Il canale di navigazione - continua De Marchi - è 200 metri più lontano rispetto alle norme previste per l’inchino, che tra l’altro da noi non si è mai fatto. Quindi si tratterebbe di una distanza di 400 metri dal confine dell’Area Marina in totale sicurezza».
E proprio su questa deroga, pare che ieri sia arrivato da Roma un segnale di apertura: mancherebbe ancora l’adesione di Clini e del Ministero dell’Ambiente però.
«Si tratta di una perdita gigante - dichiara il presidente dell’Ascom di Santa Margherita e Portofino, Massimiliano Zanasi -, e non solo per quest’anno, ma per il futuro. Le crociere sono l’indotto del momento, abbiamo una percentuale di clienti per il futuro per tutto il Golfo del Tigullio. La Capitaneria di porto ha studiato la possibilità di far attraccare le navi. Ma se stare in un’area protetta al posto di essere un vanto, diventa un vincolo, allora meglio uscirne». Ad oggi, dice Zanasi, hanno perso 500mila euro e la stagione è appena partita. In tutta questa vicenda, bisogna usare il buonsenso, perché di Schettino per fortuna - forse - ce n’è uno solo e se si pensa che ogni nave possa andare a sbattere contro gli scogli, allora è meglio mettere il divieto di navigazione in tutto il mare.
«Se l’indotto di 160 navi da crociera, finisce a Porto Venere dove vanno ad attraccare che è lo stesso area protetta, allora c’è qualcosa che non quadra», continua il presidente dell’Ascom. Di più. Per venire incontro agli eventuali disagi dei passeggeri, l’Ascom sarebbe pronta a farsi carico dello sbarco dei crocieristi per portarle a terra, secondo le loro esigenze.


Ma poi ci si mettono di mezzo gli ambientalisti, le affermazioni di chi dice che le navi producono solo inquinamento e allora tutto si complica, di nuovo. «Se tra i pesci e gli uomini, si vuol continuare a privilegiare i pesci, stiamo sbagliando tutto», conclude Zanasi.

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