Noia borghese? De Carlo evade con le schitarrate intorno ai falò

«L’anno scorso, al cinema, abbiamo visto di tutto: persino i protagonisti di un incidente stradale che invece di mandarsi al diavolo cadevano l’uno nelle braccia dell’altro, per il classico colpo di fulmine». Questo era Ennio Flaiano, in una recensione dei primi Sessanta. E questo è De Carlo mentre descrive l’opera con cui Clare, investita da uno scrittore ad alto tasso alcolemico, soccorre il fascinoso ancorché sbronzo automobilista: «Riesce a portarlo a passi cauti verso l’Audi (sic) con le dita che le scivolano sulla stoffa della camicia e non possono fare a meno di registrare la consistenza dei muscoli subito sotto».
E va bene, sotto sotto nessuno può fare a meno di registrare la consistenza dei muscoli narrativi di De Carlo. Consegnato il titolo svenevole agli archivi del cattivo gusto, Leielui (Bompiani, pagg. 568, 18 euro) offre al lettore il meccanismo ben rodato sul quale l’autore di Treno di panna ha costruito la sua carriera: il contrasto fra la routine borghese - stile di vita che gli inglesi chiamano stable e nel quale le sorprese sono poche, insipide e generalmente brutte - e il gran mondo dell’avventura, della frontiera, dell’idillio sentimentale inteso come Eden intramondano.
Fin qui, nulla da obiettare: la bella Clare ha il sacrosanto dovere di innamorarsi di Daniel Deserti, scrittore e pirata della strada. Autore di un bestseller tradotto in trenta lingue, Lo sguardo della lepre, anche Deserti ha avuto il suo crack-up d’ordinanza finendo col dare alle stampe libri sempre più cupi e depressivi. Ciò permette a De Carlo di contrapporlo a un nuovo tipo di scrittore, saltellante e in scarpe da ginnastica, che in Leielui risponde al nome di Pino Noce, ma i maliziosi leggeranno Fabio Volo. È solo il primo di una serie di «distinguo» grazie ai quali De Carlo ritaglia per il suo eroe un ruolo solo apparentemente eversivo del quieto vivere. Daniel non è un gigione televisivo come Pino Noce, ma è comunque un uomo di successo. Guida come un pazzo, ma disprezza l’italiano medio che viola il codice della strada «per furbizia». È spesso sopra le righe, ma non ha niente in comune con l’ex-fidanzato di Clare, un fallito «che si spaccia per artista» il quale, incontrato per caso sulle colline di Camogli, si abbandona a una volgare scenata. Ci sarebbe, insomma, una sregolatezza rispettabile, e non tutti gli ubriachi sono ugualmente charmants. Se almeno De Carlo ci prospettasse una liberazione vera, potremmo discutere dei dettagli. Purtroppo in Leielui la dirompente alternativa al grigiore del «quotidiano» è una banalissima schitarrata sulla spiaggia fra vecchi amici, con tanto di chiaro di luna, e qui il discorso cambia.

A uno scrittore si può perdonare il gergo dell’autenticità, ma non la mancanza di immaginazione. Anche perché a questo punto sarebbe facile osservare che la nostra routine borghese, al fin dei conti, è meno prevedibile di certi idilli a buon mercato.

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