Muta, guanti, cintura con oltre dieci chili per riuscire a mantenere la posizione sott'acqua. Raschietto in mano. Con il loro equipaggiamento indosso, i cozzari sono pronti a immergersi nelle profondità dell'Adriatico per portare in superficie una prelibatezza autoctona.
Più che un'occupazione, la loro è una vera e propria arte: la raccolta della Cozza Selvaggia di Marina di Ravenna è infatti un'attività che non si improvvisa. Da maggio a settembre, questi pescatori subacquei lavorano in prossimità delle piattaforme metanifere di Eni nell'Adriatico, i cui piloni sommersi costituiscono un habitat ideale e salubre per i mitili.
A Marina di Ravenna esistono due cooperative di cozzari, La Romagnola e il Nuovo Conisub, con una flotta di otto imbarcazioni attrezzate, di lunghezze tra i 15 e i 18 metri e con equipaggio minimo di quattro persone. A esse è affidato l'appalto annuale per la raccolta delle cozze in oltre cinquanta piattaforme situate al largo dell'Emilia Romagna. A inizio stagione, le strutture vengono assegnate mediante sorteggio. Poi inizia la raccolta. I cozzari avviano la loro attività all'alba, attorno alle 5.30, quando con le loro imbarcazioni si avvicinano alle piattaforme in mezzo al mare. Qui, si calano in acqua fino a una profondità di circa 12 metri per svolgere la loro delicata mansione: raccogliere le cozze e assicurare il pescato alle reti, prima che esso venga issato a bordo. L'immersione dura un tempo compreso tra una e due ore durante il quale due pescatori raccolgono circa 15-20 quintali di prodotto.
Nel tempo, i pescatori subacquei hanno dovuto acquisire competenze sempre più specifiche e si sono adeguati a rigide regole di sicurezza. Tutti i cozzari sono oggi dotati di regolare brevetto OTS (Operatore Tecnico Subacqueo), sono sottoposti annualmente ad accurati controlli medici e a corsi di aggiornamento. In linea con le normative e con lo sviluppo di tecniche di manutenzione e interventi tecnici sottomarini, essi hanno così aggiunto alla loro già consolidata esperienza nell'ambito della pesca anche competenze specifiche riguardanti la pulizia e la manutenzione delle piattaforme.
La formazione e la specializzazione richieste sono poi arricchite da una manualità che si ottiene solo con il tempo. Proprio come avviene nelle migliori professioni artigianali. Per fare un buon cozzaro sostiene chi ha esperienza nel settore ci vogliono almeno tre anni di attività e di uscite al largo, spesso in condizioni meteomarine non proprio ottimali. Così, questi operatori tecnici subacquei sono protagonisti primari di una filiera d'eccellenza che inizia sotto le piattaforme Eni, dove la pulizia dell'acqua è certificata come ottimale, e arriva fino alle tavole e ai ristoranti.
La Cozza Selvaggia prelevata da queste strutture sommerse nell'Adriatico è infatti riconosciuta come un alimento di altissimo pregio.
ML
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