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nostro inviato a Sanremo
Olly, appena ha vinto Sanremo si è commosso e ha salutato mamma e papà. Eppure è così grande e grosso.
«Eh sì, fisicamente posso trarre in inganno perché sono alto e muscoloso ma nascondo una grande timidezza, che a volte può essere scambiata per diffidenza».
Da vero genovese.
«Un po' ce l'ho».
Sembra essere in gara col mondo.
«L'unica gara che io faccio è sempre e solo contro me stesso. Sin da bambino mi porto dietro una profonda sensibilità, sono cresciuto in una famiglia in cui c'è rispetto e amore, e mio padre e mia mamma mi hanno insegnato a farmi qualche domanda in più».
Ma poi i suoi genitori li ha sentiti o no?
«Sono stati i primi che ho chiamato, mio padre era fuori coi cani. Mi ha detto sono scioccato, non so cosa dire. Manco io, gli ho risposto».
Se il Festival di Carlo Conti è stato il «Festival della normalità», allora Olly è il vincitore perfetto. Bravo ragazzo, classe 2001, padre avvocato mamma giudice, ex gigantesco rugbista placcato solo dall'ernia del disco e ora nuovo golden boy del pop italiano. A dirla tutta, Olly è stato uno dei più applauditi e pedinati qui a Sanremo perché il «suo» pubblico lo conosce da tempo (non a caso tutti i concerti del 2025 sono già esauriti e ne sono stati annunciati già per il 2026) però, quando se lo è visto sullo schermo, il pubblico trasversale del Festival si è chiesto chi fosse questo marcantonio con i baffetti neri e due bicipiti così che è nella squadra di Marta Donà, quattro festival vinti negli ultimi cinque anni. Eccolo qui, ha vinto con un margine esiguo su Lucio Corsi e con un pezzo che riporta finalmente in cima all'Ariston la canzone d'autore. Ed è un bel segnale che un pubblico per lo più composto da Generazione Zeta inizia ad ascoltare la musica che discende dalla nostra tradizione. Insomma Olly, con Bresh, è il nuovo germoglio della scuola cantautorale genovese, quella di De André e Gino Paoli, del quale, oltretutto, ha la stessa scarmigliata scontrosità.
Non può non aver pensato alla vittoria, la sua Balorda nostalgia è stata subito tra le favorite.
«E invece no, non me l'aspettavo assolutamente. Ho scoperto cosa significhi ricevere tanto affetto in una sola settimana».
Olly era stato accusato di «incitamento alla violenza sulle donne» per il brano Mai e poi mai che, nella versione originale portava il verso «O la sposo o la ucciderò». In seguito all'omicidio di Giulia Cecchettin ha cambiato in «Il giorno che la trovo o la sposo o la lascio andare, se non può stare qui, per me può far quel che le pare».
«Era una frase molto infelice che non doveva essere pronunciata mai più. L'ho cambiata prima di un concerto al Fabrique di Milano».
Lei rappresenta quello che Brunori Sas ha definito «mascolinità non patriarcale»?
«Comunque voglio restare molto low profile, è parte del mio carattere. Alla base di tutto c'è anche del narcisismo, ma tengo ci sia soprattutto la sostanza di ciò che faccio».
Ah quindi è narcisista?
«Beh un po' sì, anche se non si direbbe perché non sono l'immagine perfetta del narcisista, fumo, ho il baffetto scombinato e prima alla truccatrice ho chiesto di lasciarmi i miei difetti».
Ora le tocca l'Eurovision Song Contest.
«Avessi potuto decidere io, non avrei vinto Sanremo. Non sono preoccupato dell'Eurovision, ho solo bisogno di prendere tempo, perché devo essere certo di farlo bene».
Achille Lauro ha detto che vuole diventare il numero uno.
«Io voglio semplicemente diventare la versione migliore di me stesso».
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