«Notte dei cristalli», una vendetta al buio

Martin Gilbert ricostruisce le ore drammatiche fra il 9 e il 10 novembre 1938, quando la violenza nazista si scatenò contro gli ebrei

«Notte dei cristalli», una vendetta al buio

Sergio Romano, infaticabile e onnipresente, ha dato avvio per l’editore Corbaccio a una collana storica intitolata «I giorni che hanno cambiato il mondo». Come lo stesso Romano spiega in una premessa, la collana intende riproporre quei fatti decisivi della vita di Stati, popoli, individui che si consumarono nell’arco di un giorno e che cambiarono l’ordine delle cose. L’idea che sta alla base di questi volumi me ne ricorda un’altra di qualche decennio fa. La Mondadori pubblicò allora dei saggi di carattere divulgativo chiamati - se la memoria non mi tradisce, ma non dovrebbe perché ebbi parte nel progetto - «I documenti terribili». Tutto s’imperniava su un documento - fosse il comunicato di Cadorna dopo Caporetto, o il testo dell’«armistizio corto» di Cassibile o la sentenza di Norimberga contro i gerarchi nazisti - che riassumesse e simboleggiasse un evento fatale o una svolta epocale.
Due sono i primi volumi della collana e due, di conseguenza, i giorni evocati. Uno dei giorni è in verità una notte: La notte dei cristalli, tra il 9 e il 10 novembre del 1938, in cui si scatenò la furia nazista contro gli ebrei. Autore della ricerca è Martin Gilbert. Nel secondo saggio, di John Lukacs, si racconta di come, il 22 giugno del 1941, Hitler sferrò L’attacco alla Russia. Facendo ciò che aveva più volte giurato di non voler fare mai, ossia la guerra su due fronti. Infatti perse.
Il regime nazista non aspettava che un pretesto per dare alle dure misure antisemite, già in atto da tempo, il carattere d’una spietata persecuzione. Il pretesto fu offerto dal gesto vendicativo d’un giovane ebreo domiciliato a Parigi, Herschel Grynszpan, che il 6 novembre ferì a colpi di pistola il terzo segretario dell’ambasciata tedesca in Francia, Ernst vom Rath. Grynszpan aveva appena ricevuto dalla sorella Berta, espulsa insieme a dodicimila ebrei polacchi residenti in Germania, e bloccata alla frontiera, un messaggio disperato. «Nessuno ci ha detto cosa stesse accadendo ma ci siamo resi conto che questa sarebbe stata la fine. Non abbiamo un centesimo, potresti mandarci qualcosa?». Il ragazzo si fece ricevere da vom Rath asserendo di dovergli consegnare un documento e gli sparò gridando: «Siete un sudicio crucco e qui, in nome dei dodicimila ebrei perseguitati, c’è il vostro documento». Davvero un documento terribile.
La sera di mercoledì 9 novembre si apprese che il diplomatico era spirato per le ferite riportate. Seguirono dimostrazioni con morti e feriti, distruzioni di sinagoghe, assalti a negozi (proprio dal gran numero di vetrine infrante derivò l’espressione «notte dei cristalli»).Il bieco Goebbels era deliziato: «Come ci si aspettava, l’intera nazione è in tumulto. Quest’uomo morto sta costando caro agli ebrei». È indubbio, purtroppo, che insieme alle spedizioni punitive delle SA, le camicie brune naziste, vi fu nel migliore dei casi una passività consenziente della gente, e nei peggiori un accanimento vile. L’immane pogrom non si svolse, come altre nefandezze delle dittature, nell’oscurità del segreto, ma sotto gli occhi del mondo: perché in Germania erano molti i corrispondenti stranieri, e almeno alcuni tra loro sottolinearono il vandalismo feroce delle manifestazioni e la crudeltà dei provvedimenti ufficiali. Notte dei cristalli, attacco alla Russia, un unico disegno fanatico, sanguinario e megalomane.

Con qualche sprazzo di lucidità. Poche ore prima di scatenare le sue armate contro l’Urss Hitler aveva detto: «L’inizio di ogni guerra è come aprire la porta su una stanza buia. Non si sa mai cosa può esserci nascosto nel buio». Poi lo seppe.

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