La notte dei lunghi coltelli va in scena all’Umanitaria. Il lavoro sottobosco tentato per giorni dai colonnelli del Pd non ha portato martedì sera né al ritiro della candidatura di Valerio Onida dalle primarie del centrosinistra, né a una stroncatura ai voti dell’ex presidente della Consulta. Il 14 novembre dovranno vedersela anche con lui Stefano Boeri, l’architetto caldeggiato da una parte dei Democratici, e l’avvocato ed ex parlamentare del Prc Giuliano Pisapia. Il partito di Bersani ha cercato fino all’ultimo di evitare il terzo incomodo, confermato solo dopo 3 ore di trattative estenuanti. Appuntamento alle 20.30 in via Daverio, nell’ex convento alle spalle del tribunale per i 92 membri del comitato «Milano Riparte», che raccoglie (o raccoglieva?) fino a due giorni fa professionisti e rappresentanti della borghesia e dei salotti bene. Da Francesco Saverio Borrelli a Rosellina Archinto, da Guido Rossi a Giuliano Spazzali. C’era don Gino Rigoldi, assente Umberto Eco e con lui altri 20 del circolo. A mezz’ora dal via si aggrega ai 71 riuniti a porte chiuse Boeri, che tenta in extremis di intruppare nel suo progetto Onida, come «garante delle regole». Fa il suo discorso poi lo invitano a lasciare la sala. Anche Pisapia invia uno scritto. A tessere il complotto anti-Onida candidato c’è Riccardo Sarfatti, fondatore di Milano Riparte e fino a qualche giorno fa sostenitore del costituzionalista. Dietrofront alla luce del sole, visto che la mattina è in terza fila alla conferenza stampa dell’architetto Boeri. Se la prende pure perché tradisce l’effetto sorpresa e anticipa il blitz all’Umanitaria. Sarfatti dichiara fuori e dentro il conclave che «è un errore clamoroso se Onida si candida, dovevamo arrivare a un nome super partes e proporlo ai partiti, ma quando abbiamo iniziato a fare il sondaggio interno sui papabili, da Tito Boeri a Onida a Umberto Ambrosoli, la politica ha capito che avevamo personalità e ha voluto metterci il cappello. Un’accelerazione che non ci voleva ma se ora il comitato diventa pro Onida, si scioglie». C’era anche l’architetto Boeri tra i papabili dei «92», ma dopo che il Pd ci ha messo il cappello l’area cattolica ha iniziato a fremere per un candidato terzo, e il profilo dell’ex presidente della Consulta può attirare anche l’elettorato Udc.
Si alza la voce in sala, il fondatore del comitato esce a sbottare con i giornalisti contro l’andazzo che sta prendendo la situazione dopo la disponibilità resa da Onida a candidarsi comunque, rimettendosi ai voti della maggioranza («come fa a fare una scelta così sulla base di 92 teste? Vuol dire che ha già deciso» freme Sarfatti) e viene richiamato dagli altri. «Se va avanti così stasera non si decide neanche», sbotta qualcuno. C’è chi propone a Onida di non correre alle primarie ma presentarsi da solo con una lista civica, togliendo le castagne sul fuoco al Pd che domenica dovrà dichiararsi ufficialmente pro-Boeri, e sa che tra i due contendenti il 14 rischia di spuntarla Pisapia. Alle 23 il conclave si divide di nuovo: voto segreto (che metterebbe a serio rischio la candidatura) o alzata di mano. «La stampa dirà che ci mettiamo un’ora a votare» è la posizione che, forse, ha assicurato alle primarie un terzo candidato o con una maggioranza risicata. Solo 8 contrari e due astenuti, uno è Sarfatti che si richiama allo statuto e tenta ancora di dimostrare che «vale solo per la scelta in generale di un terzo candidato, sul nome bisognerà rivotare». Ma la linea difensiva è troppo debole, ha vinto Onida. I due fuori discutono. Milano Riparte? «Non ci sarò - gli dice Sarfatti - vado a cercare di mantenere l’autonomia e darò il mio voto a Boeri. Stai attento perché le regole delle primarie le faranno i partiti». «Con il mio passato, penso di sapere come si fanno rispettare le regole» la replica. Tutti a casa. Con la sensazione che la spaccatura della sinistra da salotto sia uno specchio dello stato confusionale in cui naviga il Pd, mentre paiono sempre meno infondate le voci che lo danno a caccia di una quarta via d’uscita.
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