Nuovi antinfiammatori senza rischio di ulcere e trombosi

Contro il dolore, che è il sintomo dominante di tutte le artropatie, si deve sempre intervenire. La terapia ideale è quella che ottiene i migliori risultati col minimo rischio, nel caso specifico quella che non danneggia l’apparato gastrointestinale ed evita eventi trombotici (rilevati comunque in una ristretta percentuale, inferiore al 2 per cento).
Il professore Flavio Fantini, cattedratico di reumatologia nell’università di Milano, non ha dubbi: i farmaci non steroidei di nuova generazione, più noti come «coxib», sconfiggono tanto il dolore quanto il processo infiammatorio che lo provoca, mantenendo un alto profilo di tollerabilità e restano «un presidio irrinunciabile nel trattamento delle malattie reumatiche, sia acute sia croniche».
La conferma arriva dallo studio Medal, il più vasto condotto finora nell’area delle artropatie: ha controllato, infatti, per quattro anni, 34mila pazienti. Questo studio, come hanno spiegato i suoi coordinatori, intendeva documentare eventuali eventi clinici negativi sia cardiaci sia gastrointestinali. La «sicurezza cardiovascolare» era l’obiettivo principale della lunga ricerca.
In pazienti di età superiore a 50 anni, affetti da malattie reumatiche, quelli trattati con un farmaco antinfiammatorio non steroideo di nuova generazione (nome clinico: eterocoxib) il rischio mortale non ha superato lo 0,4 per cento e gli eventi trombotici si sono manifestati nell’1,6 per cento dei casi. Notevolmente ridotta, rispetto al trattamento con i farmaci tradizionali, anche l’incidenza di ulcere e sanguinamento dello stomaco e dell’intestino.
Commentando i risultati dell studio Medal (presentati ufficialmente qualche giorno fa su «Lancet») il professore Silvano Adami, dell’università di Verona ha sottolineato il fatto che, per la prima volta, sono stati osservati per quattro anni più di 34mila pazienti reumatici. «Le conclusioni cui sono arrivati gli autori dello studio» ha aggiunto «appaiono rassicuranti». Naturalmente questa soddisfazione non fa passare in seconda linea la necessità di essere prudenti. Nei pazienti che hanno un profilo cardiorespiratorio imperfetto, i coxib devono essere somministrati per brevi periodi e in dosi non massicce. Dev’essere il reumatologo, dopo un attento esame delle condizioni del paziente, a decidere se e quando riprendere la terapia e con quali accorgimenti. La certezza di un esito comunque favorevole, con risultati incoraggianti sia sul piano del dolore sia su quello della mobilità, non deve impedirci di essere cauti».
Questo e altri autorevoli pareri di clinici reumatologi gastroenterologi cardiologi rendono lo studio Medal fondamentale per cancellare i dubbi che avevano preoccupato (tra 2004 e 2005) alcuni medici di base. Va ricordato, infatti, che questa importante ricerca è stata condotta in 46 diversi Paesi. Degli oltre 34mila pazienti tenuti sotto controllo solo 800 hanno interrotto le cure per «eventi avversi». Tutti invece hanno percepito già nei primi giorni del trattamento con etericoxib un «profondo sollievo» dovuto all’attenuazione o addirittura alla scomparsa del dolore.

Se si pensa che in alcune patologie (artrite reumatoide, spondilite anchilosante, osteoartrosi del ginocchio) il dolore è continuo, lancinante, diurno e notturno, si comprende che questo obiettivo è il primo richiesto dai malati, che non sono migliaia ma milioni. Soltanto in Italia, soffre di questi disturbi il 10 per cento della popolazione e la percentuale diventa del 20 per cento dopo i 60 anni, creando molti disabili.

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