Da oggi tutti a scuola, da domani tanti a letto

L’epidemiologo: «Ecco i consigli per correre meno rischi e capire i sintomi»

Nino Materi

Da oggi - primo giorno di scuola, fino alla metà del mese di ottobre rischiano di ammalarsi 1.615.000 bambini su un totale di 6.500.000 alunni che frequentano le materne, le elementari e le medie. Una baby-utenza chiamata a fare i conti con un esercito di «compagni di classe» pericolosissimi: virus e infezioni che, entro le prossime 4 settimane, attaccheranno i giovani studenti.
«Quotidianamente entreranno in ogni classe almeno uno o due bambini portatori di morbi destinati a contagiare fino al 40% dell’intera scolaresca», avverte l’epidemiologo Giovanni Meledandri, direttore dell’International medicine society (Ims) di Roma. Negli ultimi 15 anni, i casi di malattia nelle classi sono triplicati. Colpa anche di alcuni «buchi neri» che hanno trasformato le aule in zone franche dal punto di vista sanitario. Quattro esempi per tutti: per tornare in classe non serve il certificato di riammissione del medico curante neppure nei casi di «malattie lunghe»; nelle scuole non vengono compilate le schede sanitarie per ogni alunno; in tema di vaccinazioni vige il regime dell’autocertificazione con i genitori che, al momento dell’iscrizione, sono esentati dal presentare la cartella clinica; per la disinfestazione da pidocchi e altri parassiti il controllo è affidato ai genitori e ai medici di base. «Paradossalmente - spiega il dottor Meledandri - la situazione negli anni ’60-70 era molto migliore. Quarant’anni fa un bambino, nel corso di un anno scolastico, si ammalava una o due volte, oggi non meno di dieci volte».
Una crescita record, qual è il motivo?
«Fino al 1965 ogni scuola aveva il medico e la vigilatrice, che verificava se c’erano bambini febbricitanti o alle prese con sintomi che potevano rappresentare un pericolo per i compagni. In tal caso interveniva il medico che rispediva a casa il bambino accertandosi che venisse curato adeguatamente. Poi, il servizio di medicina scolastica è passato alle Asl e alle Regioni, che lo hanno reso “a pagamento”. Un costo che però possono permettersi solo pochi istituti, per lo più privati».
Nella maggioranza delle scuole pubbliche, invece, la realtà è critica.
«Definirla “critica” è poco. La situazione è gravissima, anche perché di anno in anno gli enterovirus che aggrediscono i bambini sono sempre più aggressivi. Ad esempio vomito e diarrea che un tempo erano considerati dei malanni “normali” oggi spesso fanno da prodromi per gastroenteriti ben più gravi».
Non è che sta un po’ esagerando?
«In base alle informazioni epidemiologiche disponibili, si stima che entro i primi trenta giorni di scuola in Italia oltre un milione di bambini del primo ciclo si ammaleranno. Malattie virali e batteriche, con sintomi respiratori, febbri e problemi per gola, naso e orecchi. Non mancheranno poi morbillo e varicella».
Insomma, non c’è da stare allegri.
«La situazione è aggravata dalla cattiva qualità dell’aria nei centri urbani. La pediculosi colpirà almeno 150.000 bambini; la variante filippina gigante dei pidocchi, ormai diffusissima in Italia, è pronta a colonizzare le teste dei nostri figli e a scorrazzare nelle nostre abitazioni».
Cosa ci consiglia di fare?
«Ricorrere al pediatra o al pronto soccorso sarà inevitabile. Il costo di questo primo impatto sarà però salato: tra sciroppi, tisane e rimedi, con una spesa media pro capite di venti euro, sborseremo oltre trenta milioni di euro. In tempi di ristrettezze e risparmi una bella somma».
Dottore, andiamo sul concreto. Cosa deve fare una mamma o un papà per sentirsi con la coscienza a posto?
«I genitori dei bimbi che frequentano le materne dovrebbero curare al massimo l’igiene, soprattutto delle mani. All’entrata e all’uscita da scuola. Bisogna poi evitare che portino alla bocca giocattoli e pennarelli. I più piccoli dovrebbero rimanere a casa se hanno febbre, secrezioni purulente dal naso, dalle orecchie, diarrea e vomito».
Ma perché, le risulta che qualche genitore, notando questi sintomi, spedisca il figlio a scuola come se niente fosse?
«Non tutti i genitori sono responsabili allo stesso modo, esattamente come non tutti gli insegnanti hanno la competenza per valutare un determinato quadro clinico».
Dobbiamo porre attenzione a qualche patologia specifica?
«Per quanto riguarda i bambini delle elementari registriamo un aumento di casi di meningite, mentre per gli studenti delle medie c’è il rischio di mononucleosi e citomegalovirus che si contraggono attraverso le goccioline di saliva; nel 5% dei casi si possono avere complicanze di un certo rilievo».
L’allarme lanciato dall’Ims fa seguito al sondaggio in base al quale il 76,5% sarebbe favorevole all’uso del grembiulino «a scopi di profilassi». Un’indagine condotta dal dottor Italo Farnetani, docente all’università di Milano, e illustrata nel corso del Congresso europeo di pediatria a Madonna di Campiglio. «Molte malattie infettive - spiega Farnetani - si trasmettono non solo attraverso le vie respiratorie ma anche mediante le secrezioni. Queste veicolano i virus e sono responsabili di raffreddori, infezioni intestinali, congiuntiviti e diarrea. I bambini, si sa, sono soliti pulirsi le mani anche su ciò che hanno addosso, e così il contagio è in agguato.

Non solo tra i banchi di scuola, ma anche a casa. Ecco dunque che il grembiulino diventa una sorta di barriera: una volta giunto a casa finisce nel cesto dei panni sporchi, stroncando il viaggio degli agenti infettivi».
Almeno, si spera.

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