Operai contro Greenpeace: «Pagliacci»

«Bugiardi e buffoni!». Prima di dirlo, lo pensano. E ancor più che dirlo, lo interpretano. Travestiti l’uno da Pinocchio, naso lungo e orecchie da somaro comprese; e l'altro da clown, con occhiali giganti e parrucca vermiglia, Roberto P. e Fabio R., operai presso la centrale Enel di Torrevaldaliga Nord, vicino a Civitavecchia, non le mandano certo a dire. Esibiscono ciascuno un facsimile di tessera, debitamente ingrandito in favore di telecamere e fotoreporter: rispettivamente le ironiche tessere numero 001 e 002 di soci fondatori di Greenpeace.
Roberto e Fabio ce l’hanno con quei «rompiballe» del movimento ambientalista che negli ultimi due giorni (erano un centinaio, da tutta Europa) impossibilitati a prendersela con il G8 superblindato dell'Aquila, hanno dato invece assalto congiunto, per interposto obiettivo, a cinque centrali elettriche a carbone italiane: Brindisi, Fusina/Marghera, Vado Ligure, Porto Tolle e, appunto, Torrevaldaliga.
Assalti senz’altro simbolici e incruenti, com’è nella loro tradizione, ma non per questo meno pericolosi per l’integrità degli zebedei di gente che a differenza loro lavora. E anche sodo.
Ed è stato proprio a Torrevaldaliga, dove sono arrivati all'alba di ieri arrampicandosi sui carbonili, che dopo un po’ hanno appreso con probabili sorpresa e delusione quale sia l’inequivocabile opinione che Roberto e Fabio - rispettivamente nei panni di Pinocchio e del clown - hanno di loro. Beninteso, la stessa opinione di tutti i dipendenti della centrale, così come di quelli delle altre quattro prese di mira. E molto probabilmente di tutti i luoghi d’Italia dove la gente sta difendendo con il proprio lavoro - il bisticcio di parole è assolutamente voluto - il proprio posto di lavoro.
«Qui c’è tanta rabbia, anche perché non è la prima volta che accade, era già successo nell’ottobre 2008 - spiega Gizzio Pucci, segretario della Uilcem-Uil -. E poi ci dà fastidio questa strumentalizzazione, basata sulla disinformazione, che vuole mettere i cittadini contro i lavoratori. Qui non si lavora per provocare tumori o altre malattie. Io vivo qui da sempre e so com’è l’aria oggi. Mio padre era dipendente della vecchia centrale a olio e posso dire che l’evoluzione tecnologica che c'è stata con il passaggio al carbone è pari a quella tra una 127 di trent’anni fa e una nuova Punto».
Di comportamento «scellerato» e di «pseudo ambientalisti» alla ricerca di «pubblicità gratuita» parla la Flaei-Cisl perché, spiega il sindacalista Enrico Gargano, «come sindacato abbiamo l’interesse comune a far crescere questa nostra Italia, dando lavoro alla gente ed energia a costi più bassi alle famiglie. Perdipiù con il minor impatto ambientale possibile. Si dimenticano di dire, quelli di Greenpeace, che la nostra centrale è un modello invidiato da tutto il mondo, con cinesi e indiani che vengono qui a copiare».
I guerrieri ambientalisti, quelli che «se dipendesse da loro saremmo ancora con i carretti, la miseria e il freddo» - la definizione è di Giancarlo Galan, governatore del Veneto, regione con addirittura due centrali prese d’assalto, dimenticano altro ancora. Per esempio il fatto che la conversione a carbone pulito abbatterà le emissioni dell'88 per cento e avrà valori di Co2 ridotti del 18 per cento rispetto ai vecchi impianti alimentati a olio.
Oppure si scordano, aggiunge Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni (che raggruppa le aziende del settore combustibili solidi) del fatto che «nove centrali a carbone in Italia, pari all'80 per cento della potenza installata, sono dotate della certificazione ambientale Emas, lo standard europeo più severo».
A ricordare agli ambientalisti questi fatti, non sono stati comunque soltanto i lavoratori di Civitavecchia, ma anche quelli delle altre centrali occupate, tutti in diversa forma schierati e compatti nello stigmatizzare e respingere gli assalti arcobaleno.
C’è chi si è espresso attraverso ufficiali note sindacali, come è successo a Brindisi, e chi l'ha fatto invece in modo più creativo ed eloquente.

Un enorme striscione «Go Home», appeso alla ciminiera, ha accolto per esempio Greenpeace a Fusina, in quel di Marghera, amplificato e sottolineato da altre frasi cubitali scritte in italiano, ma che è istintivo ritenere pensate prima in un ben più espressivo dialetto veneto.
Dalla divertente: «Basta ecoballe» a un’esasperata: «Siamo verdi di rabbia». Passando attraverso la definitiva, esclamativa e soprattutto liberatoria «Andate a lavorare!».

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