Ora Bossi imbavaglia il maroniano Tosi Varese grida al golpe ma Radio Padania...

Dopo il caos di Varese strigliato Reguzzoni, al sindaco di Verona vietati i temi nazionali. Vertice con Tremonti: "No al condono, dai tagli alle spese ossigeno per le imprese padane". Intanto Varese grida al golpe e Radio Padania zittisce la base

Ora Bossi imbavaglia il maroniano Tosi
 
Varese grida al golpe ma Radio Padania...

Roma - «Bossi non ascolta più il partito», ma anche: «i maroniani sono contro la linea del partito». Ma qual è questa linea della Lega? Quella che Bossi indica scatenando le risse o quella che la base chiede andando contro il capo? È il problema che sta squarciando il Carroccio. Anche alla segreteria politica di via Bellerio l’argomento dominante è stato il post-trauma del congresso a Varese, finito in semi rissa. Bossi ha fatto una lavata di capo a Marco Reguzzoni, il suo pupillo, che gli aveva garantito che il candidato scelto avrebbe avuto l’appoggio della base e che sarebbe andato tutto liscio. È successo il contrario, e la protesta si sta propagando in queste ore.

È passato in secondo piano anche la riunione con Giulio Tremonti, anche lui in Bellerio insieme a Calderoli e ai capogruppo. Bossi, che ha respinto ancora le voci su un eventuale condono (in accordo col ministro), sta mettendo a punto con Tremonti una serie di misure per il dl sviluppo, non per recuperare risorse, perché «ghe n’è minga», ma per «semplificare la pubblica amministrazione, tagliare spese e costi inutili» derivanti da procedure burocratiche, e dare ossigeno alle aziende padane.

Ma Bossi deve pensare anche al caos nel suo partito, esploso con i congressi, come previsto. Fin quando la volontà leghista coincideva con quella del capo i congressi esprimevano segretari bossiani, ma da quando la liason del segretario col suo popolo si è rotta, Bossi li deve imporre. Altrimenti, se si vota, succede quel che è successo finora in Lombardia e Veneto: stravincono i maroniani-tosiani. Cioè i «fuori linea», «rompiballe», non abbastanza disciplinati («Qui non servono geni, ma gente concreta» ha sibilato il Senatùr a Varese), così pensa Bossi, convinto di questo dal cosiddetto «cerchio magico», che ha molta influenza sul capo ma poca presa sul territorio. «Maroni vuol prendersi la Lega, i suoi vanno in giro a dire che non ce la fai più, vogliono sabotare l’alleanza di governo e mandare all’aria quel che stiamo facendo» sussurrano all’orecchio di Bossi, messo in guardia anche dalla moglie (perciò il figlio Renzo viene candidato dal padre alla successione). L’altra campana, invece, quella anti-cerchio, sostiene l’esatto contrario, cioè che sia quel gruppetto a voler prendersi il partito, mettendo i loro uomini nei posti chiave anche se non sono espressione delle sezioni. «Bossi è plagiato da loro», dicono gli anti-cerchio. Molti dei quali, anche se è ancora tabù dirlo apertamente, pensano che il capo non abbia più il polso del partito.

Quel che è successo a Varese, con l’elezione bulgara del candidato Maurilio Canton non voluto dalla base e con Bossi fischiato (a Varese, incredibile) è l’epicentro di un terremoto che potrebbe propagarsi. «La Lega è esplosa. È stato sancito che il capo è contestabile, una linea che non era mai stata superata, ora verranno fuori casini ovunque» confessa un big lombardo. Sulla sede della segreteria provinciale è comparso, nella notte, uno striscione: «Canton: segretario di chi? Di nessuno!!!». I sindaci leghisti del varesino si dicono «demoralizzati, allibiti», o peggio («Siamo a un passo dall’oscuramento e dallo scoglionamento assoluto» dice senza perifrasi Cristina Bertuletti, sindaca di Gazzada Schianno, paesino ultraleghista). Si preparano lotte all’arma bianca, mentre il neosegretario «reguzzoniano» ha già firmato il primo atto: commissariata una sede (Induno Olona).

In Veneto va in scena lo stesso copione drammaturgico. Lì il caso si chiama Tosi. Nel consiglio nazionale di Padova, con blitz domenicale, si è deciso una delibera-bavaglio: fuori dal partito chi esprime giudizi su argomenti di politica nazionale (solo i vertici possono) e stop ai congressi veneti (restano Padova e Treviso). «Ci hanno provato, eccome se ci hanno provato» a far fuori Tosi, dice una fonte veronese vicina al sindaco. E, come in Lombardia, anche in Veneto partiranno presto i commissariamenti.

Sullo sfondo ci sono i congressi nazionali, fondamentali, che devono rinnovare i capi di Lega lombarda (ora è Giorgetti) e Lega veneta (ora è Gobbo, vicino al «cerchio»). Bossi, a domanda, ha risposto che «alla fine sì», i nazionali si faranno. In Lombardia tutte le segreterie sono rinnovate, quindi ogni momento è buono.

Ma lo spettro di una Varese in grande, con uno scontro violento tra le fazioni, farà slittare a lungo la convocazione, di questo sono convinti molti leghisti. Maroni, riferiscono, è «preoccupato» dalla situazione di caos. Ma ha scelto un profilo basso, dopo essersi esposto e un po’ ustionato. Di scintille dentro Lega ce ne sono anche troppe.

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