Ora Villa d’Este si rispecchia nel ritratto di Johan W. Baur

Ora Villa d’Este si rispecchia nel ritratto di Johan W. Baur

Un paesaggio aspro, forse «contaminato» dall’influenza di Salvator Rosa, caratterizzato da un segno tagliente che contrasta con colori caldi e dall’imponenza di una natura drammatica che sovrasta l’uomo, sottolineandone e forse minacciandone la pochezza in un vero e proprio monumento alla fugacità della vita. L’inedito Paesaggio con il Monte Sassone sulla Tolfa di Pietro da Cortona esposto nella mostra «Paesaggio laziale tra ideale e reale. Dipinti del XVII e XVII secolo», fino al primo novembre a Villa d'Este a Tivoli, sintetizza brillantemente la filosofia dell’esposizione, tesa a raccontare la natura locale come documento e al contempo sogno, divisa tra vedute «classiche», concepite come souvenir d'artista, e dipinti-metafora, tra natura e naturalismo.
Da Gaspard Dughet a Gaspard van Wittel, da Frans van Bloemen a Andrea Locatelli, prendendo le mosse proprio da paesaggi di Tivoli, oltre trenta dipinti datati tra Seicento e Settecento illustrano le mete laziali del Grand Tour - inclusa la «campagna» romana, oggi parte integrante della città, come San Giovanni in Laterano e tomba di Nerone - tracciando l’evoluzione del rapporto tra arte e natura, dalla visione documentaria di chi ritrae fedelmente l’orizzonte che osserva a quella idealizzata di «capricci» che accostano monumenti ed elementi naturali abbinandoli secondo il gusto dell’autore in una sorta di nuova «creazione» dell’universo, rimodellato all’insegna dell’estetica, fino ad arrivare alle prime elaborazioni di una poetica del sublime, dove la natura è signora e l’uomo umile spettatore, spesso ritratto solo per dare «misura» alla scena.
In questo contrasto di immagine e immaginario, Giandomenico Desideri trasporta la Fuga in Egitto in un’insolita ambientazione romana e l’armonia diventa «selvaggia» o viceversa il selvatico si fa armonico in Mercurio ed Argo di Salvator Rosa, per la prima volta esposto al pubblico.

Così tornano ad animarsi le «rose di pietra» di Villa d’Este nell’opera di Johann Wilhelm Baur, Veduta di Villa d’Este e i giardini, che, realizzata nei primi decenni del Seicento descrive una Villa ormai perduta, diventando una «fusione» pittorica tra storia e letteratura, documento e mito. Tra reale e ideale appunto.

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