Dopo ottant'anni, l'India riprova a contare i suoi abitanti dividendoli in caste

Il secolare sistema di divisione, vecchio forse di 3mila anni, è sopravissuto a tutti i tentativi di scalzarlo ed è giunto fino ai giorni nostri. Tanto che oggi si contano almeno duemila categorie sociali diverse. E il Governo ha deciso di inserirlo nel nuovo calcolo della popolazione previsto per il Censimento 2011

Per la prima volta dopo 80 anni, l'India conterà la sua popolazione in base all'appartenenza castale. Dopo mesi di accese polemiche, il governo ha deciso di includere anche la complessa struttura castale nel censimento della popolazione 2011 attualmente in corso. L'operazione sarà effettuata tra il giugno e il settembre del prossimo anno e sarà «separata» dal resto del conteggio. Inoltre le risposte saranno «facoltative». L'ultimo (e unico) censimento basato sulle caste era stato promosso nel 1931 durante il dominio britannico. Da allora non ci sono più statistiche affidabili sul numero di «dalit» (gli «intoccabili»), caste inferiori o quelle superiori, come i «bramini». Nonostante la discriminazione castale sia vietata, l'India promuove politiche di sostegno delle classi inferiori attraverso posti riservati nella pubblica amministrazione e nelle scuole.
Il censimento, voluto in particolare dai partiti regionali del nord (che rappresentano le caste inferiori), permette quindi di avere un quadro preciso dei beneficiari delle politiche di sostegno. Ma, secondo molti, si tratta invece di un esercizio non «politically correct» perché continua ad alimentare una tradizione che ha radici millenarie, ma che è ovviamente incompatibile con l'idea di democrazia moderna. Il nuovo censimento demografico, diretto a contare il miliardo e duecento milioni di indiani, è iniziato lo scorso aprile e si concluderà tra un anno. Un esercito di due milioni e mezzo di funzionari e volontari sono impegnati a raccogliere casa per casa informazioni sugli occupanti, comprese foto e impronte digitali.
Casta è un termine portoghese e significa «puro», come del resto suona nella parola italiana «casta». Cominciò a circolare a Goa, colonia lusitana, fin dal XVI secolo e inizialmente indicava solo i residenti nati da entrambi i genitori portoghesi. Poi con il tempo andò a indicare tutto quel complesso sistema di divisione della società indiana, la cui origine risale al 1.500 avanti Cristo quando gli Arii, antica popolazione indoeuropea, penetrarono in India sottomettendo la società della valle dell'Indo. Il sistema castale si ricollega a divisioni funzionali e rituali (per esempio tra sacerdoti e guerrieri) presenti in molte popolazioni indoeuropee. Alcune tracce di divisione in caste della popolazione sono infatti visibili nella cultura greca, celtica o germanica. Nel caso dell'India, gli arii con ogni probabilità assorbirono anche le divisioni sociali già preesistenti.
Il meccanismo castale fu inizialmente usato per tener separati i ruoli dei dominatori da quelli dei dominati, com'è chiaramente indicato dal termine sanscrito varna (colore) che indica tradizionalmente le principali suddivisioni e che riflette la originaria differenza razziale tra indoeuropei (chiari) e indigeni (scuri), marcando in maniera ancora oggi percettibile, nell'India del nord, il colore della pelle degli appartenenti alle due caste superiori rispetto agli altri. L'istituzionalizzazione del sistema castale avvenne con molta gradualità nel corso del primo millennio avanti Cristo quando fu codificata attraverso la distinzione tra brahmani (sacerdoti), kshatrya (guerrieri), vaishya (mercanti e artigiani) e shudra (servi). Fuori dal sistema i «paria» o «intoccabili», esclusi da ogni casta per la spregevolezza del loro lavoro o per l'espulsione dalla gruppo di appartenenza per averne violato le norme.
Le caste, infatti, impongono una serie assai complessa di regole, tra cui, principale, l'obbligo di sposarsi solo al proprio interno e numerose disposizioni di purezza rituale, per esempio i brahmani devono essere rigorosamente vegetariani. Ma anche il divieto di contaminazione con caste inferiori attraverso rapporti sessuali ma anche il semplice contatto fisico, spartizione di cibi e bevande, a cui deve seguire un'immediata purificazione. La suddivisione in quattro caste si andò a sua volta spezzettando in «sub-caste», tutte altrettanto rigidamente escluse le une dalle altre, basate su lingua, lavoro, provenienza geografica originaria, affiliazione a una setta religiosa induista e così via. Secondo una stima generica il numero attuale delle caste potrebbe arrivare a duemila e oltre.
Nei secoli molte religioni cercarono di abbattere questo rigido sistema sociale, dal buddhismo nel VI secolo avanti Cristo, il giainismo fino al sikhismo nel XVI secolo. Nel corso del XIX e XX secolo ci provarono anche molti esponenti dell'area più progressista dello stesso induismo, primo tra tutti lo stesso Gandhi, padre della Nazione, che rinominò gli intoccabili harijan, «popolo di Dio». Mentre l'Islam e il cristianesimo, finirono invece con l'assorbire il sistema castale al proprio interno.

Ufficialmente bandita nel 1950 dalla Costituzione, questa rigida compartimentazione sociale è arrivata fino ai giorni nostri, tanto che ora il Governo, nel ricalcolo della popolazione sta cercando di capire quante siano le caste e quante persone vi facciano tuttora parte.

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