Mezzo passo avanti, due indietro. E si ricomincia da capo, a meno ormai da una settimana dal summit dei capi di Stato e di governo che, sulla sorte del pacchetto energia-ambiente, si troverà a vivere uno dei momenti più complessi degli ultimi decenni. Tantè che non solo partirà un paio dore prima del solito (giovedì 11), ma è previsto si possa concludere addirittura allalba di sabato 13, tante sono le riserve e le proteste che caratterizzano lo scioglimento dei nodi. Comè noto il «pacchetto» voluto dalla Merkel, prevede che la Ue adotti la formula del triplo 20% entro il 2020: riduzione dellanidride carbonica, aumento dellefficienza energetica e delluso di fonti rinnovabili.
LItalia si trova in grande imbarazzo perché il suo sì porterebbe a un costo dello 0,66% del Pil, il che in soldoni ci porterebbe a pagare un 40% in più degli altri grandi partners europei, visto che prima di Kyoto - dove furono fissati i dati delle emissioni - il nostro sistema industriale aveva già innovato a differenza di altri. Da settimane ormai si discute di possibili modifiche che tendono a dilazionare i costi. Due giorni fa incontro tra i ministri dellambiente, con la Prestigiacomo a mostrarsi «moderatamente ottimista» sullevolversi delle cose. Di ieri la riunione del Coreper (i rappresentanti diplomatici dei 27 a Bruxelles) e a Parigi nuovo faccia a faccia tra il ministro Ronchi e il suo omologo transalpino Jouyet. «Abbiamo ribadito alla presidenza francese tutte le nostre preoccupazioni per le pesanti ricadute che il pacchetto potrà avere sul sistema industriale italiano» ha fatto sapere al termine il ministro per le politiche europee. A suo modo di vedere un accordo può essere raggiunto, ma ci sono alcuni nodi da sciogliere, come ad esempio lesenzione di alcuni comparti (ceramica, vetro, carta, siderurgia) dal pagamento di multe, pena il rischio che questi scelgano di andare ad operare in altri Paesi.
Ancora, Ronchi - come già la Prestigiacomo - reclama due appuntamenti con clausola di revisione: il primo nel 2010, quando si conosceranno le decisioni del vertice Onu di Copenhagen sullambiente (una sorta di Kyoto-2), laltro nel 2014, quando - entrata in vigore la normativa Ue - si potrà monitorizzare come il resto del mondo si sarà comportato davanti allautolimitazione europea. Parigi pare comprensiva nei confronti delle resistenze italiane. Ma a Bruxelles Barroso non sembra intenzionato a cedere dal piano messo a punto. Forse anche perché lEuroparlamento a stragrande maggioranza - compresi settori del centro-destra - reclamano losservanza di impegni già assunti da tempo. Si continua così a trattare. A Bruxelles come in altre capitali.
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