Padova-Triestina, il derby triste che il Paròn non vide mai

Il bivio salvezza-retrocessione deciderà il futuro del Padova e della Triestina, chi vince resta in serie B, chi perde scivola in Lega Pro/I divisione, era più facile dire Serie C1, il calcio continua a cambiare immagine ma i contenuti sono sempre gli stessi. Una sfida che evoca ricordi e nostalgia attorno a Nereo Rocco, gloria calcistica di inimitabile umanità, nata a Trieste e cresciuta a Padova. L'exploit con la Triestina 1948/49, al suo debutto assoluto in panchina, seconda a pari punti con Juventus e Milan. Dieci anni più tardi con il Padova dei panzer che sapeva bloccare e battere le grandi, dare lezioni tattiche al mago Helenio appena sbarcato in nerazzurro interista, un terzo posto che lo indirizzò verso il Milan, la storia, scudetti e coppe dei campioni.
La Triestina era una delle squadre storiche della serie A, mai retrocessa, quando Nereo Rocco ne assunse la guida aveva 36 anni, il più giovane allenatore del grande calcio italiano. Incrociò il Padova neo-promosso e lo travolse con un 9-1 che resta la maggiore vittoria nella storia dei rosso-alabardati e la più cocente sconfitta dei bianco-scudati. Un altro successo di misura e due pareggi, il suo bilancio sul versante triestino. Fu un rapporto breve, difficile per i rapporti con la società e con i tifosi e Rocco che forse già pensava al Padova dove, in serie B, aveva concluso la carriera di calciatore (otto campionati con la Triestina, tre con il Napoli, 287 partite e 69 gol, la maglia azzurra nel 1934) e vi si trasferì con la breve parentesi a Treviso.
Ben più solido il rapporto a Padova riportato in A, con il presidente Pollazzi, le serate da Cavalca, la squadra dei "veci" rigenerati come Zorzin e Blason (già pilastri con la sua Triestina), Azzini, Scagnellato, Mari, Moro, il recupero di Hamrin frettolosamente scartato dalla Juventus e sulla via di Firenze per la grande carriera; e poi Mariani e Brighenti, entrati nella storia per i gol segnati a Wembley nella prima partita che gli azzurri non perdevano contro gli inglesi. Un grande Padova, la difesa arcigna dei panzer, nessuna paura quando incontrava le grandi di Milano e Torino. Il segreto? Un grande spogliatoio, la commissione interna con cui Rocco decideva formazione e tattica, idea poi mutuata nel Milan con Ghezzi-Maldini-Rivera al posto di Blason-Azzini-Scagnellato. E sul campo «deghe piade a tutto quyel che se movi». Tempi cambiati in fretta, situazione capovolta. Era Padova che pensava in grande e la Triestina costretta ad arrancare in coda, una sola vittoria in otto incontri, la retrocessione, l'immediato riscatto e poi il lungo addio alla serie A. È passato più di mezzo secolo.
Ai suoi tempi non sarebbe successo che Triestina e Padova dovessero decidere in 180 minuti il loro futuro. Nella città del Santo il terzo posto a metà campionato, una squadra gagliarda aveva riportato in piazza vecchi ricordi, facendo galoppare la fantasia. Troppo in fretta. La caduta libera ha lasciato tanti segni.

All'ombra di San Giusto il programma-salvezza andava un po' stretto, ma poco di più. Nessuno immaginava il rischio della retrocessione. Ora è questione di tre ore. La grande sfida avrebbe proposto un bel dilemma al paron.

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