Oltre seicentomila euro di risarcimento in favore della famiglia della donna morta al Polcilinico di Palermo. Lo ha stabilito il tribunale di Palermo che ha condannato l'ospedale palermitano al maxi risarcimento dopo che la donna era morta a seguito di alcune complicazioni di un intervento chirurgico avvenuto nel 2012. Il tribunale ha accolto in pieno le tesi dell'avvocato Mauro Giudice, legale della famiglia, con la collaborazione di Giorgio Gambino: non solo la diagnosi fu sbagliata e le cure tardive, ma anche l'intervento chirurgico finale ebbe “del tutto verosimilmente un ruolo determinante nell'innescarsi delle successive evoluzioni cliniche fino al decesso”, come scrive LiveSicilia.
E così il giudice della terza sezione civile ha condannato il Policlinico di Palermo a risarcire con 640 mila euro i quattro figli della donna morta sette anni fa. Il calvario della donna, che all'epoca aveva 77 anni, iniziò l'1 dicembre del 2011. La donna fu trasportata dai figli al pronto soccorso del Policlinico con fortissimi dolori addominali, febbre alta e diarrea. Subito i medici la ricoverarono, spostandolo nal reparto di medicina interna. Qui è rimasta ricoverata fino al 17 dicembre 2011, senza nessuna diagnosi. Qui la prima grave colpa dell'ospedale, secondo il perito nominato dai parenti: fu un ritardo imperdonabile, che fece precipitare la situazione. Ma la soluzione scelta dai medici fu ancora peggio. Perché a questo punto si scelse di operare la donna con urgenza di “colectomia totale con confezionamento di ileostomia”.
Pensando che si trattasse di tumore, i medici asportarono alla donna l'intero colon. Invece l'esame istologico dimostrò che la paziente aveva il morbo di Crohn che al Policlinico non venne mai diagnosticata. Il consulente definisce l'intervento “eccessivamente radicale in quanto motivato da un sospetto diagnostico di malattia oncologica poi smentito dai successivi accertamenti istologici e comunque sproporzionato rispetto all'obiettivo terapeutico”. Dal Policlinico hanno sempre sostenuto la tesi che non ci fosse nesso di causalità fra l'operazione e il decesso, considerate l'età della paziente e le sue già precarie condizioni di salute. Anche su questo le parole del giudice sono trancianti: “... è indubbio che non era giovane e presentava problemi... cionondimeno tali patologie non necessariamente pregiudicano il recupero funzionale in casi di interventi addominali... il trattamento radicale ha sicuramente esposto a maggiori rischi la signora”.
Da qui la sentenza che dà ragione alla tesi dell'avvocato Marco Giudice anche sulla scorta di un'altra inefficienza dell'azienda ospedaliera universitaria Paolo Giaccone: la cartella clinica è stata smarrita. Circostanza che “non può pregiudicare sul piano probatorio il paziente”. Una simile sentenza fu emessa a favore della famiglia di un'altra donnamorta all'ospedale di Caserta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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