Palestina, il premier di Hamas pronto a un addio «di facciata»

Abile mossa di Ismail Haniyeh, il cui successore uscirà dallo stesso ambiente

Gian Micalessin

Ismail Haniyeh è anche pronto ad andarsene, ma non certo da sconfitto. Se ne andrà con l’immagine del premier martire piegatosi alla pressione di Stati Uniti ed Europa per salvare il proprio popolo. Se ne andrà con la certezza di poter insediare al proprio posto un premier forse meno identificabile, ma sicuramente fedele. A tre giorni dalla strage di Beit Hanoun il primo ministro di Hamas è pronto a sfruttare al meglio il tragico errore israeliano e la debolezza del presidente palestinese Mahmoud Abbas. Con le dimissioni annunciate in una moschea di Gaza durante la preghiera del venerdì Haniyeh si prepara a realizzare il suo colpo da maestro. L’addio di facciata gli consentirà di continuare a controllare il governo senza piegarsi alle richieste di Mahmoud Abbas e senza lasciare il movimento fondamentalista nelle mani della dirigenza in esilio di Damasco guidata da Khaled Meshaal.
Il coup de théâtre del premier di Hamas prende forma dal pulpito dove come ogni venerdì si rivolge ai fedeli. Stavolta il tema d’obbligo sono le trattative con Fatah per la formazione di un governo «tecnico». Quel governo, apparentemente indipendente e non identificabile con Hamas, dovrà consentire la fine all’embargo internazionale che ha messo in ginocchio l’Autorità palestinese e i suoi cittadini. «Sul piatto della bilancia vi sono da una parte l’assedio e dall’altra la mia carica di primo ministro – spiega con tono da sovrano illuminato Ismail Haniyeh – e allora è inevitabile far cessare l’assedio per mettere fine alle sofferenze del popolo palestinese». Quelle parole da martire della politica sono l’ultimo ricamo sulla tela tessuta nelle trattative con Mahmoud Abbas dopo la strage di Beit Hanoun. Dopo quel massacro il presidente palestinese non può certo rischiare l’accusa di tradimento chiedendo a Hamas il riconoscimento d’Israele o pretendendo la liberazione del militare rapito lo scorso giugno. D’altra parte non può nemmeno permettere che il movimento abbandoni la scena politica affidandosi agli irriducibili di Khaled Meshaal. In questo frangente Haniyeh sfrutta al meglio il proprio ruolo di ago della bilancia presentando a Meshaal e Abbas una soluzione di compromesso. Lui se ne andrà e il suo successore verrà scelto tra un trio di candidati «indipendenti». Il presidente palestinese si occuperà di far liberare i ministri e i deputati di Hamas ancora detenuti dagli israeliani.
Per trovare il trucco basta leggere i nomi dei tre candidati alla successione. Zahar Kahil, presidente dell’Università internazionale di Palestina, Khaled al-Hindi segretario generale dell’università di Gaza e Mohammad Shubair presidente dell’Università islamica sono tutti esponenti di quel mondo accademico islamico palestinese finanziato da Hamas al cui interno Haniyeh ha costruito la propria carriera di leader. A sostituirlo arriverà insomma un fedele alias. L’altro capolavoro di Haniyeh è far parlare al telefono, per la prima volta in molti mesi, Khaleed Meshaal e Mahmoud Abbas. Fingendo di far scegliere a quei due la soluzione da lui architettata Haniyeh si garantisce il ruolo di indispensabile mediatore. Ora deve solo riuscire a mantenere a Gaza i ministri cruciali sul fronte interno e lasciare ad Abbas la scelta di quelli utili solo sul fronte internazionale. La mossa gli consentirà di liberarsi del rivale Mahmoud Zahar e di circondarsi di fedelissimi sulla stessa linea di quelli candidati alla leadership.
L’ambigua linea del nuovo governo impostata sulla falsariga dell’accordo delle carceri messo a punto la scorsa primavera dai prigionieri di Hamas e Fatah consentirà a Hamas di continuare a non riconoscere Israele pur permettendo lo sblocco dei finanziamenti internazionali e la ripresa delle trattative.

La telefonata tra Meshaal e Abbas e l’accordo per la formazione del nuovo esecutivo dell’Autorità palestinese non esclude però il rischio di attentati suicidi minacciati dalla dirigenza in esilio e dall’ala militare di Hamas dopo Beit Hanoun. L’allarme in Israele resta al massimo livello ed esercito e polizia hanno dispiegato tutte le loro forze per prevenire l’infiltrazione di kamikaze nelle città.

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