Palestina verso referendum su elezioni

Il ricorso al voto anticipato suggerito ad Abu Mazen dalla Commissione formata dall’Olp

Gian Micalessin

L’incubo di Sharm el Sheik e di tutto il Sinai è quello di un Natale rosso sangue. Lo sanno i servizi segreti egiziani. Lo ripetono le informative israeliane. Lo conferma il ritrovamento di mezza tonnellata d’esplosivo a poca distanza da quella città di Al Arish covo delle cellule di Al Qaida responsabile dei precedenti attentati contro i centri di villeggiatura sul Mar Rosso. Le autorità egiziane, preoccupate per le sorti del turismo, rassicurano tutti garantendo che l’esplosivo è destinato ai gruppi palestinesi della Striscia di Gaza. Ma le rassicurazioni non bastano. Anche perchè si tratta del quarto ritrovamento in un mese. Quanto basta per far decollare la grande paura generata da una coincidenza di date e da una misteriosa banda di terroristi scomparsa tra le dune della penisola desertica.
A creare la coincidenza di date contribuiscono gli otto giorni della festa ebraica di Hannukah che inizia, quest’anno, il 16 dicembre e termina a ridosso delle feste Natalizie dando vita ad un «ponte rosso» destinato a prolungarsi fino all’Epifania. Le tre settimane da brivido sarebbero il periodo prescelto da una misteriosa cellula di Al Qaida per mettere a segno il proprio piano. Secondo segnalazioni incrociate egiziane ed israeliane la cellula, composta da una settantina di militanti, è entrata nel Sinai a fine di luglio. Nonostante le precise indicazioni sul quell’infiltrazione nè egiziani, nè israeliani sono poi riusciti a localizzarne basi e spostamenti. Il lungo black out e la capacità di sfuggire alle ricerche fanno ipotizzare l’esistenza di un piano articolato. Il piano punterebbe a sfruttare l’altissima concentrazione di turisti garantita da Natale e Hannukah per lanciare un’offensiva del terrore spietata e spettacolare. Il nuovo attacco rischia, secondo gli esperti, di rivelarsi più devastante di quelli di Taba, Sharm El Sheik e Dahab. In quegli attacchi susseguitisi nell’ottobre 2004, nel luglio 2005 e lo scorso aprile sono morti oltre un centinaio di turisti, tra cui otto italiani.
La minaccia attentati è stata al centro del vertice di fine novembre a Gerusalemme tra il generale Omar Suleiman, capo dei servizi segreti egiziani e i responsabili dell’anti terrorismo israeliano. Nel vertice si è discussa anche l’ipotesi di un collegamento operativo tra la cellula di Al Qaida scomparsa nel Sinai e l’Esercito Islamico, il misterioso gruppo palestinese che a fine giugno rivendicò, assieme all’ala armata di Hamas e ai gruppi popolari di Resistenza, il rapimento del caporale israeliano Gilad Shalit. Secondo fonti d’intelligence israeliane le decine di tunnel sotterranei scavati dopo il ritiro israeliano nella zona al confine tra Gaza e il Sinai garantirebbero un sicuro andirivieni a molti fiancheggiatori di Al Qaida tra cui anche l’Esercito islamico. Entrato come una meteora nella galassia dell’estremismo armato palestinese il gruppuscolo, guidato da un tale Zakaria Durmush, è scomparso dopo il rapimento del caporale Gilad. Le contemporanee segnalazioni sull’arrivo nel Sinai dei 70 «terroristi» fantasma confermerebbero l’esistenza del «passaggio» sotterraneo capace di muovere sui due lati del confine gli uomini braccati dagli egiziani o dagli israeliani. L’ipotesi sarebbe avvalorata dal silenzio, senza precedenti per i palestinesi, sulla sorte del caporale Gilad Shalit.
I misteriosi movimenti del gruppo di Al Qaida sono collegati, secondo altre fonti, anche all’eliminazione del generale palestinese Jad Taye freddato assieme a suoi tre uomini il 15 settembre a Gaza City da un commando volatilizzatosi con la sua valigetta.

Il generale dei servizi di sicurezza palestinesi curava i rapporti con egiziani ed israeliani ed era appena rientrato da un vertice in Egitto dedicato alla questione dell’ostaggio israeliano e alle attività del Gruppo Islamico.

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