
Sembra una notizia come un'altra: ieri, a Lecco, si è concluso il recupero dei corpi di due escursionisti che erano saliti sabato in Grignetta, la montagna di Lecco assieme alla Grigna («Grignone») e al Resegone, in pratica i tre rilievi montuosi manzoniani che si vedono da Milano e nelle giornate terse.
Avevano cominciato a cercarli già subito, da sabato sera, quando era stato dato l'allarme per la scomparsa dei 48enni Christian Mauri di Vimercate e Paolo Bellazzi di Cambiago. Anche dai cognomi, due lombardi doc. Niente da fare: erano morti come tutti pensavano. Sembra una notizia come un'altra perché, rispettosamente scrivendo, per molti lettori parranno le ennesime vittime delle rischiose scorribande dei tanti che vanno a cercarsela praticando l'alpinismo (come lo scrivente che è salito in Grignetta 29 volte) e insomma, ogni tanto capita, amen: per buona pace di Soccorso alpino, Guardia di finanza e Vigili del fuoco che nei recuperi, a Lecco, restano tra i migliori d'Italia. Al lettore più anziano, invece, si potrebbe raccontare di quando nel Dopoguerra le Grigne sembravano ancora lontanissime e, da imberbi, molti futuri e grandi scalatori come Walter Bonatti, Riccardo Cassin e Andrea Oggioni (e tanti altri) si buttavano lo zaino in spalla e pedalavano verso la Grignetta per una sessantina di chilometri, questo spingendo su biciclette pesanti come moto, anzi, motociclette. Già qui potrebbe non risultare chiaro perché in così tanti si sbattevano, e si sbattono, per una montagna di soli 2.184 metri, una vetta per cui vengono anche dall'estero, e non pochi. Certo, è storicamente la montagna più cara ai milanesi, da una parte. E certo, la sua bellezza inaspettata, difficile da descrivere, ne fa praticamente una grande vetta in miniatura con le sue cattedrali di guglie calcaree e le spettacolari vie alpinistiche per ogni livello. Questo ci avvicina ancora di più al teorico mistero della morte di Mauri e Bellazzi: i due, sufficientemente esperti, erano saliti in invernale, che è un altro pianeta rispetto all'estate, partendo da Pian dei Resinelli lungo la via Cermenati, praticamente un solco, un sentierone dritto e diretto sino quasi alla cima: i più lo usano quasi solo per scendere, per quanto è semplice e un po' noioso. Non è una scalata, è una breve escursione. Lo scrivente, per capirci, nell'accompagnare il proprio figlio di 9 anni sino alle vetta, scelse una via più difficile, ed è normale: per salire in Grignetta dalla Cermenati basta meno di un'ora e mezza, per scendere decisamente di meno. Mauri e Bellazzi, per capirci ancor meglio, erano già in cima alle 9 del mattino e avevano avvertito di aspettarli per pranzo. Ecco: il mistero delle montagne, di tutte le grandi montagne, anche quelle in miniatura, anche quelle di cui conosciamo ogni centimetro, ricomincia da qui: da un banale peggioramento del meteo che può trasformarle in un altro mondo, un incubo bianco e irriconoscibile anche alla misera quota di 1.700-1.600 metri, laddove, scendendo, i due sono scivolati nel precipizio del canale Caimi forse anche per una slavina di neve. D'un tratto non erano più tra noi, erano altrove. Li hanno ritrovati lì, sopra una zona dove i lecchesi d'estate passeggiano con i cani.
Il mistero è anche come una montagna, quando si ricorda di essere una montagna, possa rendere vani gli sforzi di tre Corpi dello Stato e quindi impedire per giorni agli elicotteri di alzarsi, ai droni di volare, facendo muovere gli esperti soccorritori pericolosamente a piedi pur a bassa quota, sotto cornicioni di neve bagnata pronta a crollargli addosso. A piedi, rigorosamente a piedi: oggi come millenni fa, perché è ciò che la montagna talvolta esige, ricordandoci i nostri limiti.
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