Parisi tre ore con i magistrati «Chiarito tutto, estraneo ai fatti»

RomaQuasi tre ore davanti ai magistrati che lo hanno messo sotto inchiesta per prendere le distanze dalla frode fiscale che ha consentito a Fastweb di vantare falsi crediti Iva. Stefano Parisi, amministratore delegato della società telefonica, è stato ascoltato in Procura, a Roma, dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dai pm Giovanni Di Leo e Francesca Passaniti che indagano sul presunto maxiriciclaggio di due miliardi di euro che coinvolge anche gli ex vertici di Telecom Italia Sparkle tra il 2003 e il 2007.
«Non ho nulla da nascondere, abbiamo chiarito tutto e c’è piena collaborazione con l’autorità giudiziaria», commenta il manager al termine dell’interrogatorio. «Non c’è una sola attività riconducibile a Parisi», sottolinea il suo avvocato, Gildo Ursini. Si è parlato dell’enorme flusso di denaro ricostruito dagli investigatori e dei due dipendenti infedeli scoperti con intercettazioni e rogatorie a Hong Kong.
«La posizione della società si va delineando - osserva il difensore - è ormai chiaro che Fastweb è rimasta vittima di una truffa». Di quanto accaduto, insomma, delle operazioni inesistenti ideate ad hoc per frodare il fisco, i vertici non avrebbero avuto consapevolezza. Parisi deve comunque rispondere non soltanto di associazione per delinquere transazionale pluriaggravata finalizzata al riciclaggio, ma anche di reati fiscali. Parisi, contesta la Procura, in concorso con altri manager di Fastweb, avrebbe utilizzato le fatture per operazioni inesistenti emesse da i.Globe e Planetarium srl che Giuseppe Crudele (manager di livello medio basso) procurava alla società gestendo il rapporto con le società «cartiere» tramite Carlo Focarelli (ritenuto la mente finanziaria dell’operazione), approvando, predisponendo e sottoscrivendo la dichiarazione dei redditi e dell’Iva per il 2006 nella quale indicavano elementi passivi fittizi per complessivi 124,4 milioni e un inesistente credito Iva di 25 milioni.
Durante l’audizione Parisi ha affermato la propria estraneità ai fatti, spiegando che l’unico addebito che può essergli mosso è quello di avere sottovalutato la portata della vicenda.

Soprattutto l’importanza dell’interrogatorio al quale già nel 2006 venne sottoposto Bruno Zito, l’allora responsabile grandi aziende di Fastweb, ora in carcere, che sarebbe entrato in contatto tramite Focarelli con il gruppo di Gennaro Mokbel, considerato l’ideatore dell’intera operazione. Parisi ha fatto inoltre presente ai magistrati che «Fastweb è un’azienda sana, con i conti in attivo e che non va commissariata».

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