Paura allo stadio: poliziotta si spara in testa

Sono stati gli stessi tifosi, che dall’alto avevano assistito a quanto accaduto fuori, a richiamare l’attenzione delle squadre

da Treviso

Uno sparo. I tifosi del Treviso, assiepati nella curva sud dello stadio Tenni, si mettono le mani nei capelli. Siamo al 20’ del primo tempo della partita Treviso-Grosseto, con i padroni di casa sotto di un gol. Ma non è per quello che gli ultrà sono sgomenti. Il fatto è che, sporgendosi dalla curva per capire da dove provenisse il rumore cupo dello sparo, vedono una poliziotta a terra in una pozza di sangue e una collega che urla e piange, impotente e contusa. È un lampo. Nelle menti di tutti passano, in un flashback da incubo, le immagini degli scontri di Catania-Palermo del febbraio 2007, durante i quali perse la vita l’ispettore Filippo Raciti. E poi quelle dell’autogrill di Arezzo, dove l’11 novembre scorso Gabriele Sandri, tifoso della Lazio, venne ucciso da un proiettile sparato da un poliziotto. I tifosi si agitano, si sbracciano richiamando l’attenzione dei giocatori in campo e dell’arbitro, chiedendo a gran voce di fermare il gioco.
L’arbitro Pinzani, dopo essere stato informato di quello che al momento sembrava la conseguenza di uno scontro tra tifosi e forze dell’ordine, sospende la partita. «La partita - spiega il direttore generale del Treviso, Giovanni Gardini - è stata rinviata per motivi di ordine pubblico a causa degli avvenimenti all’esterno dello stadio Tenni».
Gelo su Treviso: ora l’agente di polizia, 42 anni, nubile, di origini bellunesi ma residente nel Trevigiano con la madre, è in fin di vita nel reparto neurochirurgia dell’ospedale di Treviso, dove è stata sottoposta a un intervento chirurgico per tentare di tamponare la gravissima emorragia cerebrale. Non c’era stato alcuno scontro, nessuna violenza se non quella della sua anima devastata: era stata lei stessa a impugnare la pistola d’ordinanza, una Beretta calibro 9, ad appoggiarsela al mento e a fare fuoco. A raccontarlo è la collega dell’ufficio passaporti della Questura trevigiana, Paola Da Re, che stava pattugliando la zona antistante la curva dello stadio. È stata lei a intervenire nel tentativo di impedirle di sparare. Sono stati attimi terribili: il tuffo disperato non è servito a bloccare lo sparo ma, stando alla prima ricostruzione, è stato determinante per deviare il colpo: il proiettile è uscito dalla parte alta del cranio. Paola Da Re è poi scivolata a terra, battendo il volto e rimediando la frattura del setto nasale. Il tutto mentre all’interno dello stadio giocatori e arbitro non sapevano cosa in realtà stesse succedendo all’esterno. Con un gesto di buon senso, Treviso e Grosseto si sono accordate per il rinvio di una partita che, in quelle condizioni, non aveva più senso.
Il questore di Treviso, Filippo Lapi, ha il morale a terra. «Li conosco tutti i miei agenti - dice mentre la poliziotta è in sala operatoria - e conosco bene anche lei. È una persona tranquilla, capace, stimata nel suo servizio di agente di quartiere, non ha mai mostrato segni di disagio. Sono molto addolorato, stiamo cercando tutti di capire...». Già, cosa è successo? Perché quella donna in divisa apparentemente tranquilla ed efficiente, ha deciso di farla finita? E perché proprio al Tenni, durante una partita di calcio? «È inutile tirare conclusioni affrettate - risponde Lapi -. Nelle carte non c’è nulla e quindi dovremo approfondire la situazione».
Le carte dicono che l’agente lavora in Questura a Treviso da sei-sette anni.

Vive nella stessa città con la madre, un’anziana che soffre di cuore e che nessuno ha avuto il coraggio di avvertire prima che arrivasse l’altra figlia, che risiede nel Bellunese. Nessun segno negativo sulla sua scheda. «L’unica cosa che mi interessa in questo momento - conclude il questore - è che riesca a salvarsi. E sono certo che ce la farà».

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