Dal pc di Brenda riemergono i video cancellati

INDAGINI Per la procura chi ha venduto la «dose» letale lo ha fatto con l’intenzione di uccidere

RomaAveva tentato di sbarazzarsene, ma l’hard disk del computer portatile ha intrappolato i suoi segreti. E gli esperti della Procura di Roma li hanno recuperati. Sono centinaia i file nascosti nel pc trovato dentro il lavandino del seminterrato in via Due Ponti dove viveva Brenda, il trans dello scandalo Marrazzo soffocato dal fumo di un misterioso incendio all’alba di venerdì scorso. L’acqua, lasciata scorrere forse per renderlo inutilizzabile o per lanciare un messaggio a qualche altra pedina di un intrigo ancora tutto da decifrare, non lo ha danneggiato: il suo prezioso contenuto è salvo.
Foto, immagini, video, tra i quali forse il secondo filmato girato durante un incontro a tre con l’ex presidente della Regione Lazio e il trans Michelle, e che Brenda considerava una sorta di assicurazione per il futuro, erano stati cestinati e poi cancellati. Forse quando il gioco aveva cominciato a farsi pesante e il viado ad avere paura. Un clic sulla tastiera e addio a immagini compromettenti. Addio anche al sogno di facili guadagni, naturalmente, ma almeno Brenda avrebbe finito di sentirsi un bersaglio. Tantissimi, dunque, i file scomparsi dalla memoria «visibile» del computer che i consulenti del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli stanno recuperando dal disco rigido. Ieri sera i periti ne avevano copiato soltanto il 10 per cento. Quando l’operazione sarà completata, verranno decriptati e dalla loro lettura i magistrati potrebbero capire molte cose sulla morte del trans e sui misteri che avvolgono tutto l’affaire Marrazzo. Era stato Brenda a confermare ai pm l’esistenza del secondo video, girato in una casa in via Cortina d’Ampezzo nella disponibilità di Marrazzo e poi distrutto per paura. Oltre a quel filmato, il computer ne potrebbe contenerne di nuovi, con altri personaggi noti con il vizio dei viados ripresi a loro insaputa per essere poi ricattati. Nel mondo dei trans molti sapevano che Brenda aveva l’abitudine di filmare con il telefonino gli incontri a pagamento, ben sapendo che molti clienti sarebbero stati disposti a pagare qualsiasi cifra pur di rimanere nell’ombra. Voci, per il momento. Anche se al trans morto, che pure aveva annunciato alla famiglia l’imminente arrivo di una grossa somma, gli inquirenti non hanno sequestrato neppure un euro. Per la Procura il computer analizzato è quello di Brenda. Qualche dubbio era sorto perché in un primo sopralluogo nel locale di via Due Ponti, quando il transessuale era ancora un testimone dell’inchiesta, non era stato trovato. È ricomparso in un lavandino, sotto l’acqua, a pochi metri dal cadavere di Brenda. Che cosa ci facesse lì dentro è ancora un mistero. Forse un avvertimento a chi custodisce altri segreti dei trans? Oppure chi ha messo il pc sotto al rubinetto lo ha fatto proprio per metterne in evidenza il contenuto?
Legata a doppio filo con la morte di Brenda, anche quella di Gianguerino Cafasso, il «pappone» che per primo provò a piazzare sul mercato il video del ricatto a Marrazzo e che proprio alle giornaliste di Libero a cui lo fece vedere per prime aveva confidato, in tempi non sospetti, di sentirsi in pericolo di vita. La chiave di questo giallo potrebbe essere Jennifer, il transessuale che era diventato il compagno del pusher deceduto il 12 settembre in un albergaccio sulla via Salaria. La notte in cui «Rino» sniffò in una bottiglia, come si fa per il crack, il cocktail di droghe che gli fu fatale, Jennifer era accanto a lui. E il suo comportamento, ora che la Procura ha accantonato l’ipotesi di morte per overdose e indaga per omicidio, può sembrare non del tutto lineare. Il pusher amico dei trans, nonché informatore dei carabinieri infedeli arrestati per il ricatto a Marrazzo, fu stroncato in pochi minuti da una dose di eroina bianca purissima «mascherata» farmacologicamente da cocaina. Un mix che avrebbe ucciso chiunque, figuriamoci un consumatore abituale di droga, per di più diabetico e sovrappeso. Insomma, se verrà confermata l’ipotesi del delitto, chi ha fornito la droga a Cafasso è andato a colpo sicuro.

Jennifer ha indicato ai pm genericamente un fornitore magrebino incontrato nei pressi di Saxa Rubra poco prima di assumere la dose fatale. Lui quella sera non sniffò perché la droga aveva uno «strano sapore». E si è salvato. Poi ha buttato via il telefonino di Cafasso.

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