Pd, D’Alema apre il fuoco su Veltroni

Sfida all'ok Corral sulla dirigenza. Fermento dopo l’annuncio del lìder Maximo: "Mi occuperò del partito". Dall’alleanza con Di Pietro alla collocazione nel Pse è tutti contro tutti. Scontro anche sul Pd del Nord

Pd, D’Alema apre il fuoco su Veltroni

Roma - Firma, compañero... «Ehm, non puedo. Por firmar hay portado el mi secretario Piero...» (scena realmente accaduta, oggi a Madrid: anticipazione possibile per gentile concessione del Partito democratico).

Totò e Peppino a Berlino era un film, Veltroni e Fassino a Madrid una pochade. Due segretari per un partito in precoce dissolvenza, essendo quello precedente spirato tra tormenti. Come nelle storielle sui carabinieri: uno ascolta e l’altro scrive, uno parla e l’altro firma. Due poltrone inutili al Consiglio del Partito socialista europeo che si svolge oggi e domani a Madrid, alla presenza del vincente leader Zapatero e dell’intera famiglia del riformismo più antico e concreto. Sebbene in crisi, l’unico con il corso legale in Europa.

Ma in Italia no, non se puede. Uòlter tiene familia, famiglia democratica e postcomunista, e la famiglia non vuole. Rosy Bindi urla «mica siamo tutti Red!», Marini non può morire dando ragione a Trentin, Arturo Parisi vibra di sdegno: «Leader, fate un passo indietro rispetto alle appartenenze del passato!». Per questo Veltroni s’è dovuto portar dietro Piero, il segretario di scorta. Due poltrone svuotate davanti al manifesto People first! (linea di rilancio del Pse). E una fetta di panettone, quella di Uòlter, che non si sa se arriverà a mangiare per Natale al Nazareno, nell’ufficio da segretario.
Così avanza il Pd in Europa, con le frattaglie dei Ds. Così rischia di arenarsi in Italia, trovandosi ancora di fronte i fantasmi dei Ds. A cominciare dal «Max», Massimo D’Alema, che fin da principio ha tagliato la strada a Veltroni. Un duello infinito, dalla gioventù alla vecchiezza, cui manca la passione dell’odio, che pure ne aumenterebbe l’infima statura. Così Max avanza in Italia, con il suo linguaggio cult ma ormai fuori moda. Dopo aver minacciato che «si occuperà di più del partito, perché finora ho fatto poco per il Pd», dopo aver ringhiato che «serve un chiarimento prima del 19 dicembre», D’Alema ieri ha spiegato che «una mia guida non è nell’ordine delle cose, non è prevedibile, né ragionevole e tanto meno una cosa che auspico».

Allora che cosa auspica, il vecchio Max, dopo la premessa di voler esser «franco e chiaro»? Forse che lo richiamino a furor di popolo, nonostante il popolo purtroppo si dimostri ancora troppo poco sensibile. In attesa di quel trionfo, almeno che il partito non segua Di Pietro, perché «il Pd ha una forza sufficiente in sé per indirizzare la propria linea e anche un atteggiamento verso le istituzioni che ci rende diversi da Di Pietro». Noto anche l’auspicio di allargarsi verso un costituendo Centro di Casini e Rutelli («stupidaggini» le definisce Rutelli, che smentisce sempre i propri traffici illeciti, accontentandosi di difendere il traballante Veltroni). E inoltre D’Alema auspica che «si debba andare con i socialisti europei, anche se lo scopo non è di chiedere di diventare tali a tutti i membri del Pd».

In definitiva, è presumibile (ma né chiaro né franco, come aveva promesso) che D’Alema possa auspicare concretamente una sola cosa: che Uòlter tolga il disturbo al più presto o al massimo dopo le Europee, visto che non è riuscito né a capire né a promuovere le linee che pure tante volte lui aveva consigliato. A questo punto, meglio andare avanti con un simpatico Bersani, un’avvenente Finocchiaro o persino un arrembante Enrico Letta.

Ma anche gli schieramenti, nel Pd, purtroppo non sono né «chiari» né «franchi». Il sindaco di Torino, Chiamparino, ieri ha difeso Veltroni, il re travicello, in quanto «non è il momento adatto per sostituire una leadership votata da milioni di italiani». Per Chiamparino, però, si deve stare con il Pse in Europa e fare un partito federato in Italia, cominciando con un «Pd del Nord». Sennonché, come chiaramente intuisce persino il deputato Merlo - «tutti sanno che il partito del Nord, sempre che non sia solo un espediente per far carriera, getta le premesse per far saltare all’aria questo Pd». E la realtà la fotografa l’ingenuo Monaco: «Volesse il cielo che per la prima volta nel Pd si ingaggiasse una discussione aperta tra linee politiche distinte e distinguibili...

Sarebbe la provvidenziale fine di quel patto oligarchico che condanna il Pd a passare da finte paci a finte guerre, la fine dalle lotte di potere e dei regolamenti dei conti...». Il cielo invece resta a guardare e si sa che rende cieco chi vuol perdere. E questi vogliono essere perduti, eccome.

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