Il Pdl sarà solo un affluente di Forza Italia

Carissimo Direttore,
l’editoriale di Paolo Del Debbio rappresenta un’analisi onesta e profonda del fenomeno Forza Italia: della sua evoluzione in rapporto ai cambiamenti necessari del sistema politico italiano.
Forza Italia nacque per scongiurare il vuoto determinato da un'eccezionale circostanza storica (il crollo delle ideologie determinato dalla caduta del Muro di Berlino) e dal disfacimento del sistema che aveva retto la prima Repubblica, di cui la falsa rivoluzione giudiziaria (Tangentopoli) rappresentò non la causa ma l'effetto finale. Quanto fosse pericoloso quel vuoto gli italiani hanno potuto constatarlo negli anni successivi, segnati da invasioni di campo e avventurose supplenze che portarono le istituzioni in uno stato di perenne fibrillazione, in cui la politica fu commissariata da una parte della magistratura schierata a sinistra e da un forte apparato mediatico-finanziario che cercò di imporre all'Italia un regime di velluto rosso spingendo al governo gli eredi del comunismo e i loro sodali della sinistra Dc.
Senza Berlusconi, questo disegno con venature che non è eccessivo definire eversive, sarebbe andato in porto senza colpo ferire, e l'Italia sarebbe stata governata dagli sconfitti della storia che avrebbero distrutto ogni alternativa.
Non mi piace parlare al passato, ma questo breve excursus è stato necessario per ricordare che Forza Italia nacque, oltre che per garantire un sicuro approdo politico al popolo dei moderati, anche per porsi al servizio non di pochi interessi particolari e corporativi, ma dell'interesse generale del Paese. Tredici anni dopo, questa ambizione si è consolidata, visto che Forza Italia è il partito di maggioranza relativa e rappresenta il baluardo decisivo per presentare all'Italia una credibile alternativa a questa sinistra che, in base alle vecchie dottrine di riferimento, ritiene di possedere per diritto di casta il monopolio del bene pubblico.
L'attuale governo, nato dall'assemblaggio di un'Unione-cartello elettorale che assomiglia più al vestito di Arlecchino che a una vera coalizione politica, ha imposto il suo dominio arbitrario e non riconosciuto sulla stessa vita dei cittadini, considerati solo come una banda di sconsiderati evasori, e ora sta per chiudere il cerchio con la supertassazione dei titoli di Stato.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: in un anno di governo l'Italia tutta è stata letteralmente spolpata, la ripresa è stata allontanata e la vendetta di classe che si è abbattuta sui ceti medi ha finito per travolgere anche le fasce di reddito più deboli. Non sorprende che una politica così sciagurata, retriva e lontana dal Paese abbia ridato fiato ai circuiti dell'antipolitica e a quelle centrali mediatico-finanziarie che prima hanno pilotato Prodi verso Palazzo Chigi e ora cercano di commissariarlo e di anticiparne la successione col Partito democratico.
La lunga transizione italiana rischia di piombare dunque in un altro pericoloso vuoto, e prima che questo vuoto venga colmato da qualche altra «supplenza», è necessario rimettere in campo il primato della politica e rafforzare il ruolo dei partiti. Per quanto riguarda Forza Italia, ora come nel '94, e forse di più, è «il tempo del partito», il tempo cioè di dispiegare tutto il potenziale e l'esperienza maturata in questi tredici anni per convogliare «nella» politica la giusta e fisiologica protesta che sale dal Paese contro il malgoverno della sinistra. Forza Italia è rimasto l'unico vero, grande partito popolare interclassista capace di assolvere una «funzione nazionale», e la liberazione dal governo della sinistra passa necessariamente da qui.
Il nostro compito storico è quello di dare uno sbocco politico alla modernità, e di colmare il divario che ancora esiste fra i tempi della politica e quelli di una moderna società industriale. È il tempo di mobilitarci per valorizzare l'orgoglio di partito, per sfruttarne al meglio le tantissime energie interne ed esterne, senza confusioni di ruoli e senza fughe in avanti, ma nella consapevolezza di una missione che ci viene affidata dalla maggioranza degli italiani che conta su di noi per riprendere il cammino del riformismo e della piena libertà. Per questo dobbiamo ribadire con forza le ragioni della «nuova politica» e del bipolarismo, che sono i frutti migliori dell'esperienza di Berlusconi, senza impantanarci nel circolo vizioso delle polemiche sterili e dei personalismi esasperati.
Quanto al Partito della libertà, siamo di fronte a un grande progetto politico e ideale nato per unire il centrodestra. Sarebbe una contraddizione in termini e un grave errore storico, dunque, farlo diventare - per la fretta o per l'improvvisazione - un elemento di disunione.

Forza Italia è il grande fiume del rinnovamento, e più grande è il fiume più ha bisogno di affluenti che ne aumentino la portata. Ma un grande fiume non può temere gli affluenti.
Sandro Bondi
* Coordinatore nazionale di FI

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