Peterson: «Vincono gli Usa ma Recalcati è il miglior ct»

«Pronostico? Successo americano di 30 punti. Però gli azzurri trovano sempre l’uomo-chiave. Belinelli è da Nba, Michelori re dei colletti blu»

Francesco Rizzo

Trent’anni fa vinceva il primo dei suoi cinque scudetti italiani, divisi fra Bologna e Milano: da allora, tra canestri e giornalismo, slang e tv, è uno dei più popolari americani d’Italia. Dan Peterson, classe 1936 da Evanston, Illinois: c’è Italia-Usa e pensi subito a lui.
Coach, sfidiamo i giganti della Nba dopo aver sofferto con il Senegal...
«Gli africani sembravano una 4x100 olimpica ma poi sono calati. L’Italia no, perché si è preparata più a lungo. E poi Recalcati ha capito che doveva affidarsi ai colletti blu, Rocca, Mordente o Soragna, gente che ha fatto gavetta e non ha paura di sbucciarsi i gomiti».
Ma se oggi giochiamo così male...
«Questa è l'Italia: un giorno Basile fa 27 punti e Belinelli 6, il giorno dopo Belinelli 26 e Basile 5. In ogni partita emerge l’uomo che fa la differenza».
Gli azzurri in un’immagine?
«Michelori, uno mai considerato prima. Lui che segna da tre ai mondiali? Ho visto tutto nella vita. Bravissimo».
Sogniamo con Belinelli: quando sarà pronto per l'Nba?
«Era pronto... ieri. Più di Bargnani, perché più completo da entrambi i lati del campo. Ma l'Nba cerca i centimetri e ha scelto Bargnani. Che non è venuto ai mondiali, perdendo un’occasione. Errore suo e di chi lo consiglia. Oggi poteva fare la differenza. Era stanco? Yao Ming, Gasol e Nowitzki hanno giocato nella Nba ma sono in Giappone».
Come preparerebbe gli azzurri per sfidare gli Usa?
«Recalcati lo sa. Dirà “godetevi la chance della vita”. Charlie è uno psicologo: è stato saggio a dire che l’obiettivo erano gli ottavi di finale. Crei una meta in cui la gente possa credere. È il miglior ct in Giappone, senza i campioni su cui contavano i suoi predecessori. Ha rinnovato il gruppo e ha avuto ragione».
Come si allena una squadra tipo quella degli Usa, con stelle miliardarie?
«Come, con l’aiuto di D’Antoni, sta facendo Mike Krzyzewski, che viene dal basket dei college. Disciplina e buon senso. Vedi la furbizia di prendere i tre più forti - James, Wade e Anthony - e nominarli tutti e tre capitani. Addio alle sofisticazioni di chi ha fallito ai mondiali 2002 e alle Olimpiadi di Atene».
L’americano di cui si parla meno?
«Dwight Howard, gran rimbalzista, 21 anni. Ma questa è una squadra di giovani, gente che ha polmoni, entusiasmo e gambe. Basta star poltrone e appagate come Iverson».
Chi vorrebbe allenare stamane?
«Usa, ma non me lo chiedono».
Quanto si sente ancora americano?
«Ho il passaporto Usa ma vivo qui.

Voglio che in Usa capiscano che il basket italiano vale. Mi conviene pure...».
Quanti punti ci date?
«Una trentina».
Quando ci batterete a calcio?
«Pensavo in Germania. Ma il calcio è un gioco basato sull’istinto e i tecnici, in America, non lo hanno capito».

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