«Pigiama Hotel», tutti uguali all’ospedale

La Compagnia Manicomics di Piacenza porta in scena una Sanità diversa

Matteo Failla

La decima stagione del Teatro Libero è pronta a prendere il via – anche se forse sarebbe meglio dire ad entrare “In mare aperto”, come recita il titolo dell’intera stagione 2005-2006 – con lo spettacolo Pigiama Hotel della Compagnia Manicomics, che da domani sera al 3 ottobre porterà in scena una delicata satira sul mondo della sanità e della malattia vissuta dalla parte del malato.
Il testo è frutto di un lavoro di stesura a tre mani che vede coinvolti Mauro Mozzani, tra i fondatori del Teatro Manicomics, Paolo Pisi e Rolando Tarquini (questi ultimi attori protagonisti sul palco assieme a Mauro Carminati).
La sceneggiatura è frutto di un lavoro a tre mani...
«È una caratteristica della produzione del Manicomics – spiega Rolando Tarquini – lavorare sempre in gruppo (Mozzani – Pisi – Tarquini): per ogni spettacolo cerchiamo un tema principale che possa interessarci e da lì iniziamo il lavoro. In questo caso abbiamo preso ispirazione da “Camici e Pigiami” di Paolo Cornaglia Ferraris e da altre ricerche condotte su relazioni mediche e studi vari sulla Sanità. Il passo successivo è stata la stesura di una piccola struttura attorno alla quale sviluppare la narrazione, che tuttavia lascia sempre spazio alla nostra tendenza all’improvvisazione. Certo non è semplice far andar d’accordo tre teste, ma abbiamo trovato una soluzione molto semplice: per ogni spettacolo si sceglie qualcuno tra noi che ha la possibilità di mettere “l’ultima parola” sulle decine di idee che fioriscono durante la stesura. Per questo spettacolo è stato scelto Mauro Mozzani, che ora però non recita più in Pigiama Hotel perché impegnato nella tourneé del nuovo spettacolo del Cirque du Soleil: al suo posto c’è Mauro Carminati».
Il pigiama visto come divisa del malato: una visione forte ereditata dal libro di Cornaglia.
«Esattamente. Possiamo esercitare qualsiasi professione come quella del medico, dell’avvocato, dell’ operaio o del politico, ma quando ci viene infilato un pigiama apparteniamo ad un’unica categoria: quella del malato».
Partendo da questa considerazione avete analizzato la Sanità e i suoi«ingorghi».
«Ne abbiamo preso in considerazione solo alcuni, partendo dai più banali, come gli inservienti che svolgono il proprio lavoro con scarsa attenzione nei confronti del malcapitato paziente, o il problema del cibo ospedaliero, fino ad arrivare all’analisi del concetto di operazione vista come intervento su un corpo che è semplicemente somma di organi, pura materia da analizzare. Ma dall’altro lato affiora il lato umano dei tre pazienti protagonisti della storia, che si trovano per caso nella stessa stanza e, da sconosciuti che erano, si trovano a scambiarsi i loro più nascosti pensieri».
Il tutto trattato con l’arma della comicità.
«E spesso questa è l’arma migliore.

Noi siamo dei clown, crediamo che la comicità possa trasmettere messaggi importanti che forse sarebbero difficili da lanciare usando un linguaggio più “diretto”; credo che il comico ed il tragico sono gli opposti di una ideale linea retta: non è poi così difficile unirli e farli convivere».

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