«La pillola? Non cambierà molto Ma così le donne sono più sole»

Mauro Buscaglia, direttore del dipartimento materno infantile dell’ospedale San Carlo, ha alle spalle una carriera di quarant’anni da non obiettore. Ma è il primo a sollevare dei dubbi sulla RU486. Non tanto a livello medico, quanto dal punto di vista psicologico.
Dice che l’uso della pillola sarà invasivo come l’aborto chirurgico?
«Forse anche di più. Innanzitutto non è un intervento che si risolve in poche ore ma è un processo che dura più giorni. Prevede quindi un’attesa, un percorso. E la donna si trova ad essere più sola ad affrontare tutto».
Cioè viene meno la condivisione con il medico?
«L’aborto chirurgico viene fatto per mano di un’altra persona e quindi per la donna è più facile estraniarsi, prendere le distanze dal problema. Con la pillola credo sia più complicato elaborare la scelta. Già comunemente si tende a cancellare dalla propria mente l’evento».
Insomma, abortire non diventerà più semplice?
«No. Già l’aborto di per sé non è mai una passeggiata. Non lo sarà a maggior ragione con la RU486».
In tanti sostengono che l’uso della pillola abortiva sia incompatibile con la legge 194.
«L’aborto è aborto in quanto tale. Non si confonda la tecnica per effettuarlo con il principio. La 194 è una buona legge perché parla anche della prevenzione. Ora le cose cambieranno. Dovranno cambiare».
In meglio o in peggio?
«Bisognerà costruire dei percorsi di prevenzione nuovi. Soprattutto all’interno degli ospedali».
Ci faccia qualche esempio.
«Ad esempio, al San Carlo noi già da tempo proponiamo l’applicazione della spirale a tutte le donne che hanno appena abortito. E poi organizziamo colloqui di gruppo con lo psicologo per permettere alle pazienti di elaborare il problema dopo aver effettuato l’aborto».
Quindi ci vuole più assistenza dopo l’aborto?
«Sì. Ed è importante anche fare in modo che le donne tornino in ospedale per i controlli».
Come convincerete le donne a rispettare i tre giorni di ricovero e non firmare prima il modulo delle dimissioni?
«Spiegheremo che il processo per abortire non si esaurisce con l’assunzione della prima pillola. Ce ne vuole una seconda e l’espulsione del feto avviene nell’arco di tre giorni. Certo, in tutti gli altri paesi europei il farmaco viene somministrato in day hospital».
Sarebbe sufficiente un giorno solo?
«Forse potrebbe bastare. Ma noi ovviamente ci atteniamo alle norme. Ripeto, non è un processo semplice, soprattutto psicologicamente».
Avete già ordinato le prime scatole alla Nordic Pharma?
«Provvederemo a breve. Ma non faremo chissà che scorte. Negli ospedali non si usa più fare magazzino. Per esempio, in casa avremo una quantità di antibiotici calcolata su un mese di consumo, non di più».
Prevedete di ricevere molte richieste?
«Assolutamente no. In base ai nostri calcoli, non ci saranno più di 40 o 50 richieste all’anno nel nostro ospedale. Più o meno il 10 per cento delle richieste che riceviamo adesso».
E a Milano?
«A Milano, dove in un anno vengono effettuati circa settemila aborti, non credo ci siamo più di 700 richieste della pillola abortiva».
Il motivo?
«Può essere utilizzata solo fino alla settima settimana di gravidanza. Stiamo parlando di 49 giorni. Tante donne si accorgono troppo tardi di essere incinte per poter richiedere il farmaco».
Secondo lei è eccessiva la preoccupazione sull’argomento?
«Diciamo che si sta facendo tanto rumore per poco.

Come se l’aborto fosse qualcosa di nuovo».
In che senso?
«Nel senso che si corre il rischio di banalizzare l’aborto chirurgico. Sempre di aborto si tratta, sia che venga fatto in sala operatoria sia con la somministrazione della pillola».

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