Pillola Ru486, solo in Toscana 40 aborti al mese

I primi dati ufficiali del 2006. A Torino i pm ascoltano le donne che si sono sottoposte al trattamento chimico

Pietro Balducci

da Milano

Due numeri: 194 e 486. Il primo indica la legge, la 194 del 1978 sull’interruzione volontaria della gravidanza. Il secondo rappresenta un farmaco, l’Ru486, che permette di abortire semplicemente tramite l’assunzione di una pillola, senza intervento chirurgico. In mezzo le donne, con i loro drammi. Tutto intorno la politica, con i suoi riti. E poi altri numeri, che fanno più confusione che chiarezza. La Regione Toscana ha comunicato che da gennaio a maggio le interruzioni farmacologiche di gravidanza sono state 190, portate a termine con l’Ru486. Che fanno 40 aborti al mese. Motivo della comunicazione: un’interrogazione presentata dall’Udc al Consiglio regionale della Toscana in merito alla somministrazione della Ru486 nelle strutture ospedaliere toscane. Se a Firenze si procede per interrogazioni, a Torino si fanno inchieste. Ieri sono cominciate in procura, a Torino, le audizioni di alcune delle donne che nei mesi scorsi si sono sottoposte al trattamento con la pillola abortiva Ru486 all’ospedale Sant’Anna di Torino. Tutte sono state convocate come testimoni. Il procedimento è gestito da quattro pubblici ministeri, e fra gli indagati annovera Silvio Viale, il ginecologo che ha condotto la sperimentazione. L’inchiesta vuole accertare se sia stata violata la legge 194 sull’aborto, dal momento che le modalità del trattamento potevano portare - secondo l’ipotesi della procura - a un’interruzione di gravidanza fuori dalle mura dell’ospedale, cosa che si sarebbe verificata in almeno un’occasione.
La Toscana e il Piemonte sono state le Regioni che per prime hanno introdotto, lo scorso anno, la sperimentazione per l’uso della pillola abortiva, suscitando le ire dell’allora ministro della Salute Francesco Storace. A settembre 2005 la polemica di Storace contro il S. Anna di Torino, che per primo aveva introdotto la sperimentazione della pillola abortiva. Il mese successivo era toccato alla Toscana incorrere nelle ire del ministro: le Asl toscane avevano infatti richiesto l’acquisto della nuova pillola abortiva e Storace aveva deciso l’invio di ispettori. Non solo. Il ministro aveva anche avviato un’indagine conoscitiva sull’applicazione della legge 194, tesa soprattutto a chiarire l’effettivo funzionamento dei consultori nella loro opera di dissuasione all’aborto. Erano divampate le polemiche, con l’intervento di Papa Ratzinger e del presidente della Cei Camillo Ruini assolutamente contrari all’introduzione della nuova pillola abortiva, mentre da sinistra si strillava contro l’«attentato» alla libertà delle donne di abortire e l’indebita ingerenza della Chiesa. In questi mesi la situazione si è evoluta, anche perché l’Ru486 non è più l’unica pillola anti-aborto in commercio.
In Lombardia, infatti, all’ospedale Buzzi di Milano, si è avviata la sperimentazione di un altro farmaco, il Methotrexate, registrato in Italia per leucemia acuta, il cui utilizzo in donne gravide provoca l’aborto.

Ne è scoppiata una polemica alimentata dal presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, secondo il quale l’utilizzo del farmaco con finalità abortive deve avvenire nell’ambito di una sperimentazione clinica, approvata dal comitato etico dell’ospedale.

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