Pistola puntata su Villa Armerina

Verrebbe voglia di lasciar perdere, di abbandonare la Sicilia. Povera Sicilia, nella quale le forze migliori sono sopraffatte non dalla mafia, ma dalla cattiva amministrazione, dall'inerzia, dalla burocrazia, e infine, dalla vana logomachia di cervelli bizantini, perpetuamente insoddisfatti e desiderosi del fallimento di chi ha conservato entusiasmo e speranza. Fra i campioni di questo atteggiamento disfattista, che favorisce l'inerzia delle istituzioni, ci sono oggi architetti e studiosi tristi e modesti come Giuseppe Guerrera, Sebastiano Dusa, Luigi Prestinenza Puglisi, Umberto Di Cristina, con il concorso esterno di un falso restauratore, avvezzo a dar corpo ai suoi deliri architettonici come Marco Dezzi Bardeschi. Tutti schierati, con le loro pistole scariche, contro il progetto di recupero della Villa romana del Casale a Piazza Armerina, proprio oggi che, dopo anni di inenarrabili traversie, sta per prendere avvio. Fantasiose interpretazioni architettoniche, strumentali difese della brutta e logora copertura di ferro e plastica maldestramente derivata da un progetto dell'architetto Franco Minissi, si oppongono alla più semplice e pura ridefinizione degli spazi che il nuovo progetto, dopo anni di incuria, stabilisce per la miglior conservazione e visione dei mosaici, ritenendo del Minissi l'utile passerella sopra i muri innalzati al medesimo livello. Ai queruli studiosi e architetti si aggiunge qualche pettegolo maledetto, infiltrato anche nel FAI che, nella lunga attesa delle autorizzazioni regionali, ha negato la mia dedizione e la mia funzione, credo essenziale, in Sicilia, per non perdere il finanziamento europeo di circa 25 milioni di euro (POR più PIT, i due programmi di finanziamento). Posso serenamente affermare che, senza la mia ostinazione, quel finanziamento straordinario avrebbe rischiato di non essere attivato e che sono stati necessari la mia determinazione e decine di visite e incontri in Sicilia per discutere, indirizzare, elaborare il progetto che, negli ultimi giorni, è stato definitivamente legittimato anche dalla Corte dei Conti. Ad ogni passaggio ostacoli, rallentamenti, tentativi di insabbiamento. E anche ora l'attività dei nemici del progetto e dei sostenitori del «tanto peggio tanto meglio» è febbrile e, come sempre, distruttiva. L'impegno straordinario, anche attraverso il contribuito dei migliori consulenti, architetti, restauratori, e scienziati dell'Istituto Regionale del Restauro, ha prodotto un elaborato di copertura dei mosaici, di grande misura e qualità, riabilitando i materiali originali, mattoni, legno, rame, intonaco, ed eliminando ferro, vetro e plastica che opprimevano il monumento. In perfetta trasparenza tutto l'elaborato, frutto di centinaia di ore di lavoro, e di una immane impresa di contrattacco alla burocrazia condotto da me e dal responsabile unico del procedimento (RUP), l'architetto Rosa Oliva della Soprintendenza di Enna, è consultabile nelle migliaia di carte depositate nella sede dell'Istituto Regionale del Restauro presso l'architetto Guido Meli. Molta passione e nessun vantaggio, se non per il piacere dell'impresa. Io ho lavorato, gratuitamente, per tre anni, così come tutti i consulenti legati al rischio della decadenza del finanziamento europeo, fra i quali l'ottimo Gionata Rizzi, architetto milanese noto anche per i restauri del Duomo di Parma e della Villa Reale di Monza, oltre che per gli interventi in molti siti archeologici e in Medio Oriente e a Pompei, anche per incarico della fondazione Getti. La Regione non ha fin qui provveduto a pagare né autisti, né segretarie, né tanto meno me, nominato con decreto, sulla base di una legge regionale, Alto Commissario, e il cui compenso, comunque, mai percepito, è stato fissato in 50mila euro all'anno. Le grandi cifre di cui si favoleggia, e di cui mi parlava Giulia Maria Crespi del FAI, sono inesistenti, mentre la mia presenza e il mio impegno in Piazza Armerina sono noti a tutti e documentati anche nelle cronache dei giornali, fra dibattiti e discussioni interminabili, insieme a mille inutili polemiche e contestazioni poste nelle commissioni regionali di controllo da un pessimo architetto avvezzo a un inutile decorativismo neo liberty come Umberto Di Cristina che ha fatto di tutto per rallentare l'approvazione del progetto. Da qualche settimana, dopo anni di lavoro, tutta una pratica amministrativa è compiuta e approvata. Tra qualche giorno, il 25 ottobre, si apriranno le buste delle offerte delle imprese per la gara d'appalto. Dovrebbe essere gran festa. E invece continuano calunnie e diffamazioni, insieme alle minacce di sciopero degli organi di controllo. Ora dovremmo soltanto sperare di dare inizio a lavori, come si era stabilito, entro novembre. Si tratta, ovviamente, di grandi interventi straordinari che la villa richiede per il restauro dei mosaici e per la copertura. L'attività ordinaria, da cui dipende l'evidente degrado della villa, sotto gli occhi di tutti, e anche i miei, da cui derivò la mia denuncia e la conseguente, assoluta dedizione ed impegno per il recupero, prima su indicazione dell'assessore Fabio Granata, poi con legge regionale, come Alto Commissario, non compete direttamente a me, ma alla soprintendenza e alla direzione della Villa che non ha, di fatto, collaborato col mio ufficio, fino alla recente nomina della nuova direttrice Maria Costanza Lentini. Vani sono stati anche i miei tentativi di stringere il Comune, che dispone di una parte dei finanziamenti derivati da una percentuale sulla vendita dei biglietti, di impegnarsi nella manutenzione ordinaria per la quale io non ero dotato di fondi. Né potevo usare quelli annunciati, ma garantiti soltanto dal progetto definitivamente approvato in questi giorni, del finanziamento europeo. Tocca ora all'Assessorato regionale interrompere la lunga inerzia e riprendere con rinnovato rigore l'impegno cui io non ho mai rinunciato e che nessuna polemica di falsi architetti distruttori potrà contrastare.

All'Assessorato tocca onorare l'impegno per una impresa così importante per la nostra civiltà e mostrare rispetto per il lavoro di funzionari, architetti, e restauratori che in questi anni si sono dedicati con intelligenza, passione e rigore a quest'opera senza alcuna garanzia se non la loro speranza in una Sicilia migliore.

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