Il pm: «Ambiguità ma nessun reato»

Poche lacrime, tanta commozione e soprattutto un diffuso senso di appartenenza e di soddisfazione, per aver potuto avere come illustre concittadino, uno dei più grandi stilisti italiani. C’erano più di duemila persone ieri pomeriggio ad affollare la piazza e la Basilica di San Magno a Legnano, dove la città ha voluto tributare l’ultimo saluto a Gianfranco Ferré, il «ditale d’oro di Dio» come l’ha definito il suo parroco, stroncato a soli 63 anni. E il sindaco Lorenzo Vitali ha annunciato che ora la città «vorrebbe dedicargli una strada».
Non c’era la folla delle grandi occasioni, ieri; non era infatti una sfilata ed anche gli stessi Vip, da Armani a Missoni, da Valentino a Krizia, hanno percorso in silenzio, con gli occhi lucidi e con molta discrezione i gradini del sagrato per accomodarsi in un angolo della Basilica della città del Carroccio al riparo da telecamere e curiosi. Scarni i commenti; quello di Missoni il più riassuntivo e condiviso: «Oggi ho perso un grande amico». La bara, ricoperta dal fiore preferito dello stilista, le rose rosse, è entrata in chiesa alle 14,30 per uscirne un’ora dopo in mezzo a lunghi applausi. Ad attendere il feretro in piazza i gonfaloni del comune di Milano, Legnano, della Provincia e della Regione e con loro la banda civica che ha accompagnato lo stilista di verso il suo ultimo viaggio, il cimitero monumentale della cittadina, nel quale sono già sepolti il padre Luigi e la madre Andreina sulle note struggenti del «Va’ pensiero» di Giuseppe Verdi. La cerimonia è stata officiata da monsignor Piergiorgio Colombo, parroco della chiesa Santi Martiri, nell’oltre stazione, dove Ferré abitava. Davanti una chiesa gremita di persone, in cui spiccavano i volti più noti dell’alta moda italiana, monsignor Colombo ha parlato del grande stilista, che nonostante la notorietà aveva sempre voluto mantenere il legame con la sua Legnano. «Il nome di Gianfranco Ferré - ha detto - resterà nella storia». Ed è stato ancora lui che ne ha tracciato il ricordo più toccante, coniugando fede, bellezza e creatività. «La sua è stata una ricerca instancabile di soluzioni geniali, arricchite dalla poesia e dalla fantasia, per approssimarsi alla bellezza, all’assoluta perfezione. Perché Gianfranco - ha aggiunto il parroco - ha avuto il compito di vestire quel capolavoro che è il corpo umano. E se Dio è il primo divino sarto, il couturier inarrivabile, lo stesso Dio ha affidato a Gianfranco Ferré il suo ditale d’oro».
Le lacrime sono colate sui volti sudati della folla accalcata nella basilica quando hanno poi preso la parola i «suoi ragazzi», i collaboratori dello stilista molti dei quali hanno condiviso con lui esperienze e belle e amare, dell'ultimo ventennio. Hanno voluto definire Ferré come un grande «stilista patriarca» che tanto ha fatto per la moda italiana e per quanti hanno lavorato con lui. Hanno raccontato del suo carattere forte e allegro.
«Lei, signor Ferré era un genio delle forme ma anche un uomo di sostanza - ha sottolineato un collaboratore -; noi le davamo del lei senza eccezioni e lei, senza eccezioni ricambiava con il tu, ma era in segno di grande affetto. Molti di noi hanno lavorato con lei per anni, altri sono andati via. Ma con tutti ha continuato a mantenere un rapporto personale perché lei credeva nella fedeltà». Ancora: «Faremo in modo - hanno garantito - che non cambi nulla.

Lei era con noi ieri, lo è oggi, anche domani e sempre, se potrà farlo da dove si trova, perché ne abbiamo ancora tanto bisogno. Col suo genio si realizzava l’inimmaginabile, grazie alla innata capacità che aveva di farci sognare».

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