La congiura del silenzio: così gli islamisti massacrano le minoranze in Siria

Il Paese mediorientale è piombato nel buio. Nessuno ne parla, eppure cristiani, alawiti e curdi (ma non solo) continuano ad esser fatti fuori

La congiura del silenzio: così gli islamisti massacrano le minoranze in Siria
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Sono i massacri nascosti. O meglio: quelli che si vorrebbero tenere tali. La Siria, infatti, dopo quasi quindici anni di guerra, è uscita dai radar dei media. Fatto fuori il dittatore sanguinario, Bashar al Assad, si è fatto posto al nuovo, Ahmad al-Shara. Che poi era il vecchio, vecchissimo, Al Jolani. Il capo di Hayat Tahir al Sham, a suo tempo Al Nusra ovvero Al Qaeda. Viene quasi da pensare che l’attenzione nei confronti dei crimini, veri e presunti, di Bashar al Assad servisse proprio a preparare quell’8 di dicembre scorso: la caduta del regime. Perché oggi in Siria succede lo stesso o forse ancora peggio e nessuno ne parla. E non si tratta di complottiamo spicciolo ma della realtà. Di questo Paese, così complesso e così martoriato, non importa nulla a nessuno.

Nel silenzio complice dei media (e pure della politica internazionale) ogni giorno le minoranze vengono vessate ed eliminate. Succede agli alawiti ma pure ai cristiani e ai curdi. Perché non ha vinto una fazione politica e basta. In Siria ha vinto l’odio. Racconta padre Bahjat, che vive ad Aleppo, che recentemente ha partecipato alla festa di fine Ramadan: “Ha fatto irruzione nella moschea un ragazzo di circa 16 anni, capelli e barba lunga, vestito lungo alla moda dei talebani. Ha puntato diritto su p. Bahjat dicendo che i cristiani non hanno niente da fare in una moschea e ha cominciato ad ingiuriarlo.

Il sheikh ha tentato di calmarlo, portandolo in una altra stanza”. Passano pochi istanti ed eccolo tornare: “ Quello che ha riversato sui i presenti era la retorica usuale di Daesh: i cristiani sono degli infedeli impuri; gli alauiti, i cristiani non ci sono fratelli anzi, sono i nostri nemici e non hanno niente a fare qui... A questo punto abbiamo pensato che era più prudente lasciare il posto. Una ritirata ordinata, ma piena di risentimento (certi giovani della parrocchia volevano andare a menare questo giovane imam - abbiamo saputo dopo che nonostante i suoi 16 anni è il responsabile per le prediche in questa moschea). Il sheikh ha preferito sparire anche lui. I nostri beneficiari sono usciti insieme a noi. I loro occhi ci dicevano: scusateci, questa persona non parla nel nostro nome, grazie di averci offerto questa cena, scusateci. Insomma un giovane radicalizzato ha preso in ostaggio 200 persone riversando su di loro la sua ideologia di odio per il diverso. E nessuno è riuscito a fermarlo”.

Perché non è solo un sedicenne arrabbiato. È un sedicenne indottrinato. Un fanatico. Che sa che i suoi sono al potere e che non gli faranno nulla. E come lui i tanti, giovani e meno giovani, che stanno dando la caccia all’alawita e al cristiano.

Che smettono di essere persone e sono solo bersagli di un odio che durerà per decenni. Nel silenzio complice di un Occidente che ancora una volta ha scelto di sostenere l’Islam più radicale. Che prima o poi ci colpirà, come è sempre successo in passato.

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