L'Europa ha bisogno di un Merz in Germania

In questi anni è mancato un punto di riferimento all'Europa. Nel bene e nel male

L'Europa ha bisogno di un Merz in Germania
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L'Europa è arrivata al suo appuntamento con la Storia con «un vuoto» che forse sarà colmato tra cinque giorni dalle elezioni tedesche. Un vuoto che si è sentito e che ha lasciato spazio al protagonismo di Donald Trump e alla sua avversione verso la Ue. Se sarà rispettato il pronostico di tutti i sondaggi che prevedono l'avvento di un popolare, Friedrich Merz, alla Cancelleria forse aveva ragione Tocqueville quando scriveva che «la provvidenza guida la storia degli uomini». Mai come ora, infatti, c'è bisogno di un popolare nella stanza dei bottoni di Berlino, cioè dell'esponente di un partito che ha fornito alla Germania dei campioni di «europeismo» - da Adenauer a Kohl, alla Merkel - e che ora è l'asse portante e il punto di equilibrio del Parlamento di Strasburgo. L'elezione di Mertz potrebbe rivelarsi una svolta capace di bilanciare o almeno mitigare la politica della Casa Bianca. Se le sfide fondamentali su cui si giocheranno i prossimi mesi e i prossimi anni saranno un nuovo impulso nel processo d'integrazione dell'Unione che oggi appare impantanato, un'accelerazione nella creazione di un esercito europeo, ed ancora, una pace equa in Ucraina che garantisca stabilità al vecchio continente, il ruolo del nuovo cancelliere risulterà determinante.

La verità è che in questi anni è mancato un punto di riferimento all'Europa. Nel bene e nel male. Non è una polemica ma un dato oggettivo: la politica del cancelliere dimissionario Olaf Scholz è apparsa sbiadita, timida, incerta, condizionata dalla confusione che regna tra i socialisti tedeschi, per non dire nell'intera sinistra europea. A cominciare dalla vicenda Ucraina: con Merz alla Bundeskanzleramt, per esempio, la Germania avrebbe già fornito i missili taurus all'Ucraina. Sono parole sue. L'Europa, di fatto, è stata orfana della Germania, cioè del motore d'Europa. Il che è un limite perché un protagonismo esasperato da parte di Berlino può dimostrarsi ingombrante, ma una sua assenza nella politica europea può diventare letale. Ci sarà un motivo se il primo nome che è venuto in mente ai leader europei come rappresentante della Ue nella negoziato sull'Ucraina è stato quello della Merkel con tutti i suoi limiti. E non è un caso che le esortazioni di Mario Draghi di oggi per un maggior protagonismo europeo («saggezza retroattiva» le definisce Giulio Tremonti) siano più coniugabili con la politica dei Popolari che non con quelle degli altri partiti europei. Come potrebbe essere altrimenti: la sinistra è in balia dei suoi paradossi, divisa tra chi desidera un'Europa più dinamica sulla scena internazionale e chi rifiuta ogni idea di riarmo; e le due destre sono in cerca d'autore, una non si è ancora affermata come vero polo conservatore mentre l'altra è obnubilata dal sovranismo e dall'estremismo.

In questa situazione i popolari finiscono per essere, al di là dei loro meriti, l'unico punto di equilibrio possibile. Lo hanno capito pure gli elettori nelle ultime elezioni per il Parlamento di Strasburgo. In fondo Merz, che pure ha avuto come mentore il custode del rigorismo economico Wolfgang Schauble, potrebbe essere l'uomo giusto al momento giusto. Chi meglio di un rigorista potrebbe convincere i cosidetti paesi «frugali» a subordinare il rigore alle esigenze di sicurezza (difesa) e di rilancio (tecnologia)? Ma ancor di più potrebbe assicurare quell'iniezione di coraggio ad un'Europa che è chiamata suo malgrado a svolgere un ruolo nel processo di pacificazione del continente. Se la Russia accetta che l'Ucraina entri nella Ue ma non nella Nato (come hanno detto ieri i suoi rappresentanti a Riad), è evidente che dovrà essere l'Unione ad offrire a Kiev le garanzie di sicurezza e di indipendenza trasformandosi anche in un'alleanza militare collegata alla NATO, visto che 23 dei 27 stati membri della Ue ne fanno parte e godono del famoso art.

5 (soccorso in caso di guerra). Per un'operazione del genere, però, c'è bisogno di un Cancelliere straconvinto dell'esigenza di un rafforzamento del supporto militare e politico all'Ucraina. E torna in mente la Provvidenza di Tocqueville.

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