
Tutti lo abbiamo pensato, sia da piccoli sia da grandi: “Voglio essere un duro”. Lo abbiamo pensato durante le sfide con gli altri bambini, quando si cercava di stare sott’acqua il più possibile. Oppure quando provavamo ad arrivare sul ramo più alto. Perché alla fine noi maschi sono semplici. Vogliamo primeggiare. In un certo senso siamo anche un po’ primati, nel senso di scimmie. Siamo semplici. A volte troppo. Vogliamo essere dei duri, quindi, come ha cantato Lucio Corsi a Sanremo. “Volevo essere un duro / Che non gli importa del futuro / Un robot / Un lottatore di sumo / Uno spaccino in fuga da un cane lupo / Alla stazione di Bolo”.
Il problema però è che “non sono nessuno / Non sono nato con la faccia da duro / Ho anche paura del buio / Se faccio a botte le prendo”. Che siamo, ancora una volta, un po’ tutti noi. Perché è facile atteggiarsi a duri, un po’ più difficile esserlo davvero. Perché essere un duro non è qualcosa che ha a che fare con i muscoli e con la ghisa, ma col cuore. Cintura bianca di judo, quindi. Ma con la consapevolezza che, per essere felici, bisogna passare anche dal dolore. Che è esperienza. “I girasoli con gli occhiali mi hanno detto / ‘Stai attento alla luce’ / E che le lune senza buche / Sono fregature”. E la mamma, che è sempre la mamma e che farebbe di tutto per rimuovere al figlio ogni ostacolo, che dice che “Vivere la vita / È un gioco da ragazzi” mentre invece il mondo è duro “Per quelli normali / Che hanno poco amore intorno / O troppo sole negli occhiali”. Per quelli che soffrono. O che sentono il mondo in modo speciale.
Ma alla fine “non sono nessuno”. Perché la sfida per la propria identità è difficile e dura tutta la vita. Nosce te ipsum, dicevano i romani, riprendendo la scritta presente sulla facciata del tempio di Apollo a Delfi.
Ma conoscersi è solo un cammino, come insegna Il cavaliere inesistente di Italo Calvino: “Anche ad essere si impara”. Non a caso, alla fine, il cantante non può che dire: “Non sono altro che Lucio”. Perché non si può essere nessun altro che noi. Anche se costa fatica. Anche se non siamo sempre dei duri.
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