
«Riconoscere lo stato di Palestina». Fissando questa priorità, soddisfatti di poter presentare finalmente un obiettivo condiviso, Pd e 5 Stelle ieri hanno annunciato in pompa magna una «mozione unitaria» su Gaza. Priva di riferimenti al massacro antisemita del 7 ottobre, la mozione concede solo un frettoloso, protocollare riferimento alla «sicurezza di Israele», e individua nella nascita - unilaterale e praticamente incondizionata - dello Stato arabo palestinese (non meglio precisato per confini, potere politico ed effettività) la chiave di volta per risolvere magicamente l’intricatissima questione mediorientale, drammaticamente tornata alla guerra dopo l’attacco di Hamas e la fine del cessate il fuoco.
Basta leggere il documento per verificare come, per l’ennesima volta, la sinistra italiana abbia ignorato la vera e propria lezione che - inascoltato, anche su questo - le ha dato per decenni un «compagno scomodo» come Marco Pannella. Liberale, nonviolento, «ebreo» e sionista, il leader radicale, scomparso ormai 9 anni fa, ha sempre messo in guardia sui pericoli della formula «Due popoli, due Stati». «Due popoli, due democrazie!» tuonava infatti Pannella, che scherzando amava presentarsi come «spia della Cia e del Mossad», ma più seriamente ammoniva su illusioni e abbagli storici del «pacifismo».
Una voce nel deserto, come si vede ancora oggi. Tempi e contenuti dell’iniziativa adottata ieri, infatti, tradiscono l’ostilità di fondo del «Campo largo» per le ragioni dello Stato ebraico. La stessa sintesi che propone la segretaria del Pd, Elly Schlein sottolinea tra gli obiettivi dell’atto di indirizzo - che sarà con ogni probabilità bocciato in Parlamento - non solo lo stop alla fornitura di armi a Israele ma anche le «sanzioni in sede europea contro il governo israeliano», che nella analisi della sinistra (viziata da un imprinting ideologico che arriva dal Pci, quindi da Mosca) deve essere immancabilmente considerato alla stregua dei terroristi, se non peggio, quando si analizzano le cause del conflitto.
Ovviamente un’impostazione così settaria, vicina a quella delle piazze in cui si gridano slogan d’odio contro lo Stato ebraico, ha suscitato l’indignazione di tanti ebrei anche italiani. Ma la mozione non è solo faziosa, è animata anche dall’illusione «statalista» in virtù della quale basterà concedere terra a chicchessia - e darle una forma di Stato - per ottenere in cambio pace. Contro questa illusione statalista, foriera di nuovi lutti e tragedie, per tutta la vita si era battuto proprio Pannella.
Certo, è sempre esercizio difficile e rischioso azzardare il «cosa avrebbe detto, o fatto» se fosse ancora vivo, un protagonista della storia o della politica. E si può immaginare che il capo radicale - già all’epoca impegnato a denunciare il deterioramento della «democrazia reale», in Israele come in Europa e a chiedere l’adesione di Israele all’Ue - avrebbe anche colto limiti e contraddizioni della attuale politica israeliana. Ma quel che è sicuro è il suo giudizio sulla formula dei «Due popoli, due Stati».
Sicuro perché, cosa ne pensasse, il leader radicale lo ha spiegato in numerosissime occasioni, in cui fece intendere come un nascente Stato arabo non democratico - o magari islamista - avrebbe avuto come ragione fondativa, inevitabilmente, la distruzione della democrazia vicina. Fra queste occasioni, una è particolarmente chiara e incontestabile, la dichiarazione resa a Strasburgo il 16 novembre 2006 sulla risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione a Gaza: «A nome del Partito Radicale Transnazionale - disse - ho votato convintamente contro la risoluzione sulla situazione nella Striscia di Gaza (così come avrei fatto per tutte le proposte di tutti i vari "Gruppi" ritenendo tutte le risoluzioni presentate inadeguate a risolvere i problemi strutturali del Medio Oriente». «Non credo che la posizione comune europea sul conflitto più antico del Medio Oriente possa continuare ad essere la vecchia politica dei "due popoli, due Stati"» disse, proponendo la sua lettura democratica e anti-nazionalista.
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