L'Ue prova a correre ai ripari sull'immigrazione, pronto un piano per la rotta balcanica

La Germania pressa per l'adozione di un piano urgente volto a frenare gli ingressi dalla rotta balcanica e Bruxelles si appresta ad approvare un documento costituito da cinque punti fondamentali

L'Ue prova a correre ai ripari sull'immigrazione, pronto un piano per la rotta balcanica

Dopo il piano di azione per il Mediterraneo centrale, l'Unione Europea si appresta a presentare anche un piano per la rotta balcanica. Quella che in questo momento spaventa di più Bruxelles. L'aumento degli arrivi irregolari via terra, tramite la penisola balcanica, nel 2022 è salito del 168% e questo ha influito nell'andamento del flusso migratorio verso il nord Italia e il nord Europa.

I numeri che spaventano l'Europa

L'emblema del fallimento delle politiche degli ultimi anni in tema di immigrazione è rappresentato da due rotte. Quella libica che coinvolge il Mediterraneo centrale e quella balcanica. Nessuno nell'ultimo lustro ha saputo gestire e frenare quei flussi assorbiti, con molte difficoltà, soprattutto dall'Italia.

Il nostro Paese potrebbe chiudere il 2022 sforando nuovamente, come non accadeva dal 2017, la soglia dei centomila ingressi irregolari. Una situazione in grado di preoccupare il governo Meloni e che ha generato il primo braccio di ferro diplomatico con la Francia dopo lo sbarco di una nave Ong in territorio transalpino.

Dopo lo strappo tra Roma e Parigi, l'Ue ha provato a rimediare presentando il piano d'azione per il Mediterraneo centrale. Adesso un altro piano riguarda la rotta balcanica. Come detto, qui l'aumento degli ingressi irregolari è stato in termini percentuali molto alto. E in termini assoluti si parla di almeno 128.000 migranti entrati tramite la tratta riguardante i Balcani.

Numeri che forse oggi suscitano ancora più timori in sede comunitaria. Perché la rotta balcanica coinvolge anche l'Italia, ma soprattutto coinvolge la Germania. E se a Berlino si battono i pugni sul tavolo, l'Europa è più propensa a intervenire. Nel 2016, anno record per la rotta balcanica, l'allora governo di Angela Merkel ha convinto l'Ue a sborsare tre miliardi di Euro da girare alla Turchia in modo da chiudere le frontiere orientali.

Il nuovo piano d'azione

Oggi non si parla di soldi da sborsare o, per meglio dire, non si parla solo di quello. Il piano che verrà presentato nelle prossime ore e di cui si conoscono già alcuni dettagli, prevede cinque punti fondamentali. Il primo è il rafforzamento delle frontiere. È bene ricordare che lungo questa rotta le frontiere sono terrestri e quindi potenzialmente più controllabili rispetto a quelle del Mediterraneo centrale. Frontex dovrebbe essere chiamata in causa per una maggiore collaborazione con le guardie di confine dei Paesi coinvolti.

Il secondo punto invece riguarda la “garanzia di un rapido accesso alle strutture di asilo e un sostegno alla capacità di accoglienza nei Paesi”, come si legge nelle anticipazioni del documento trapelate da Bruxelles. Il terzo punto è forse uno dei più importanti a livello politico, in quanto ha a che fare con la lotta ai trafficanti. Un argomento molto sentito anche dal nuovo governo italiano.

Il quarto punto è anch'esso importante e più volte indicato dalla stessa Giorgia Meloni nei giorni scorsi, ossia un regolamento europeo per velocizzare espulsioni e rimpatri.

Infine, nel documento spazio anche a una politica di allineamento dei visti, con particolare riguardo alla Serbia. Belgrado infatti, negli ultimi anni ha permesso l'accesso con esenzione di visto a cittadini provenienti da Paesi come Burundi, Tunisia ed Egitto, i quali hanno invece obbligo di visto per entrare nell'Ue.

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