Made in Italy, 23mila imprese prede dei dazi. Bce: "Le tariffe si mangiano lo 0,3% del Pil Ue"

Cresce l’export, con Usa surplus commerciale da 35 miliardi

Made in Italy, 23mila imprese prede dei dazi. Bce: "Le tariffe si mangiano lo 0,3% del Pil Ue"
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Sono più di 23mila le imprese italiane «vulnerabili» sul fronte dell'export, e quindi a rischio, per le minacce di dazi imposti dagli Stati Uniti. La fotografia è stata scattata dall'Istat nel rapporto sulla competitività dei settori produttivi. Si tratta di aziende concentrate geograficamente in pochi mercati di sbocco e su pochi prodotti, e che hanno una quota rilevante del proprio fatturato legato proprio alle esportazioni. Di queste, quasi 3.300 sono vulnerabili rispetto alla domanda statunitense (e 2800 rispetto a quella tedesca). Complessivamente impiegano oltre 415mila persone, generano il 3,5% del valore aggiunto e il 16,5% dell'export totale.

Il peso delle esportazioni verso gli Usa è continuato a crescere in «pressoché tutti i settori manifatturieri italiani», spiega l'Istat nel rapporto, «confermandosi prevalente negli altri mezzi di trasporto, nella farmaceutica e nelle bevande e diventando il primo mercato di sbocco per i macchinari (al posto della Germania). Ciò ha contribuito a generare un elevato surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti», per 34,7 miliardi nel 2024. L'Unione europea, viene poi aggiunto, rischia di essere particolarmente impattata dai dazi «a causa di un'apertura commerciale quadrupla rispetto a quella degli Stati Uniti e più che doppia di quella cinese», dato a cui si sommano le rigidità del mercato unico europeo, con «significative barriere non tariffarie agli scambi interni» che rendono difficile pensare a un modo per «compensare le restrizioni dei flussi sui mercati extra-Ue con la domanda interna Ue».

Nel frattempo, la Commissione europea ha deciso di rinviare a metà aprile alcune contromisure annunciate il 12 marzo in risposta ai dazi Usa su acciaio e alluminio. Un portavoce da Bruxelles ha spiegato che «allineando le tempistiche, la Commissione si consulta con gli Stati membri su entrambi gli elenchi contemporaneamente. In questo modo si ha più tempo per discutere con l'amministrazione americana». Tra i prodotti Usa coinvolti nel rinvio c'è il whiskey. Una tariffa che aveva scatenato la reazione di Donald Trump e la sua minaccia di stangare con dazi al 200% i vini e lo champagne europei. La svolta protezionistica della Casa Bianca preoccupa anche i vertici di Francoforte. La presidente della Bce, Christine Lagarde, nel suo intervento al Parlamento europeo ieri ha sottolineato che, secondo le analisi dell'Eurotower, «una tariffa statunitense del 25% sulle importazioni dall'Europa ridurrebbe la crescita dell'area dell'euro di circa 0,3 punti percentuali nel primo anno».

Una risposta europea sotto forma di aumento delle tariffe sulle importazioni statunitensi aumenterebbe ulteriormente questa percentuale a circa mezzo punto percentuale.

Sullo sfondo, intanto, dopo settimane di tensione commerciale globale il rame ha superato la soglia dei 10mila dollari a tonnellata.

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