Mentre la nave Geo Barents si dirige a La Spezia con oltre 200 migranti a bordo, l'altra nave che negli ultimi giorni è stata operativa nel Mediterraneo centrale, la Ocean Viking, dovrà dirigersi verso Carrara. È questo il porto assegnato da Matteo Piantedosi alla seconda nave battente bandiera norvegese, che viaggia con 95 migranti a bordo. Il porto, sottolinea la ong, si trova a "1.500 km dall'area delle operazioni, e occorreranno almeno tre giorni di navigazione per raggiungerlo, esponendo donne, uomini e bambini alle onde, alla pioggia, al vento e al freddo". Nella sua nota, quindi, la Ong aggiunge: "I sopravvissuti stanno attualmente soffrendo di mal di mare. Il diritto marittimo indica che lo sbarco va organizzato non appena possibile, in modo da garantire condizioni di salute e sicurezza ai naufraghi". Anche questo intervento, così come il primo effettuato dalla nave di Medici senza frontiere, è stato eseguito a seguito della segnalazione fatta dall'aereo Sea Bird, che sorvola il Mediterraneo alla ricerca dei barchini partiti dalla Tunisia.
Le Ong ancora contro l'Italia
Al momento la Ong non conferma l'assegnazione del porto di Carrara, situato poco più a sud rispetto a La Spezia e in territorio toscano. Medici senza frontiere da ieri si lamenta per la legittima decisione dell'Italia di assegnare alla nave il porto di La Speza e in appoggio quest'oggi è arrivato il comunicato di un'altra Ong, stavolta tedesca. La Sea Watch, infatti, ha duramente attaccato il nostro Paese, accusandolo di "violare il diritto internazionale e i diritti umani delle persone soccorse in mare". Ma nessuna violazione si ravvisa nel decreto firmato da Matteo Piantedosi, che in più occasioni ha ribadito la fermezza del governo di procedere su questa strada, che poi andrà implementata con le misure e gli accordi che, con il supporto dell'Unione europea, verrano stretti con i Paesi del nord Africa per limitare le partenze irregolari,anche allo scopo di ridurre le morti in mare.
Invece, secondo Sea Watch, le Ong sono costrette a "a subire i soprusi di una politica senza umanità". Verrebbe da chiedersi cosa fanno le Ong per migliorare la vita delle persone che trasportano in Italia una volta che queste sono sbarcate. Per la maggior parte, infatti, si tratta di migranti economici che non hanno diritto alla permanenza sul suolo europeo perché clandestini. Persone che una volta sbarcate vengono abbandonate dalle Ong al loro destino, consapevoli che non potranno trovare in Italia e un Europa un futuro in quanto irregolari. Queste persone sono destinate al rimpatrio.
Rimpatri e accordi coi Paesi terzi
Ma il tasso di rimpatrio degli Stati europei è stato sinora uno dei principali punti deboli e per questo motivo c'è "l'esigenza di un nuovo modello operativo che parta dal superamento della contrapposizione tra quello dei rimpatri forzati e quello dei rimpatri volontari assistiti". Così ha dichiarato il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi intervenendo a Stoccolma ai lavori del primo consiglio dei ministri degli affari interni della Ue sotto la presidenza svedese. Il ministro italiano ha proposto un terzo modello, "un'operazione di ritorno che sia associata a progettualità di reintegrazione, anche in caso di rimpatri forzati, può infatti agevolare la collaborazione dello straniero, stimolare i Paesi terzi di provenienza a rafforzare la cooperazione e concorrere a contrastare le cause profonde dell'immigrazione".
Che la situazione non sia più sostenibile non è solamente un'idea dell'Italia, per quanto il nostro governo venga attaccato di fare politica sui migranti.
"Ci sono troppe persone che stanno arrivando dall'altra parte del Mediterraneo, quindi abbiamo bisogno di misure per risolvere questo problema", ha dichiarato a Stoccolma il ministro olandese per la Migrazione, Eric Van Der Burg. Il ministro Orange ha sottolineato la necessità di "accordi con i Paesi terzi dall'altra parte del Mediterraneo e in Africa" e di ridiscutere il trattato di Dublino, che non sta evidentemente funzionando.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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